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giovedì 16 febbraio 2017

Raggi, spunta un documento bollente Cosa s'è azzardata a firmare (con Frongia)

Il documento che smaschera la Raggi. Ecco cosa ha fatto contro lo stadio


di Francesco Specchia



Virginia Raggi è davvero all'ultimo stadio. Stadio della Roma, intendo. Probabilmente ha ragione Vittorio Sgarbi il quale, in ogni tempo, luogo e posizione, si sgola contro il via libera della giunta Raggi al nuovo impianto di Tor di Valle, «la più grande speculazione edilizia mai vista nella Capitale...», appoggiato da una flotta di associazioni ambientaliste senza colore politico che variano da Italia Nostra al Comitato Salviamo Tor di Valle. E, mentre Sgarbi ventila una «pubblica disfida» urbanistico/retorica col consulente della Raggi Francesco «il Pupone» Totti, ecco che ora emerge in tutta la sua potenza il voltafaccia della sindaca. La quale, se oggi si sente sentimentalmente affine al popolo romanista e al suo circo pallonaro - lo sfavillio storico del panem et circenses - , soltanto il 3 dicembre 2014 diceva «il procedimento di approvazione dell'impianto sportivo è un'enorme speculazione immobiliare avente lo scopo fraudolento di assicurare enormi vantaggi economici a società private a scapito degli enti pubblici coinvolti e a discapito dei cittadini. Appaiono non sussistere i requisiti di pubblica utilità previsti dalla legge di riferimento».

Questo diceva Virginia, in un feroce esposto al Procuratore della Repubblica contro i palazzinari dello stadio; esposto firmato assieme agli allora magnifici (davvero) consiglieri comunali romani M5S tra cui Daniele Frongia,Marcello De Vito, Enrico Stefano, Davide Barillari,Valentina Corrado, che chiosava: «la scelta dell'area è scellerata, altro che quella ottimale. Da tale scelta scaturisce il piano economico miliardario e futuri costi, diretti e indiretti, per la collettività».

E la stessa, giusta, furia ecologica Raggi e il suo alter ego Frongia affermavano in drammatiche audizioni ai consigli comunali. Soprattutto Frongia, la «mente», con Raggi assenziente e sorridente affianco, in un delicato magliocino amaranto, affermava il 21 dicembre 2014: «Vi invitiamo (rivolto agli allora consiglieri Pd di maggioranza, ndr) a riflettere sulla base di quanto previsto dalla legge e dall' istituto nazionale di urbanistica... (con lo stadio) non c' è miglioramento della vita dei cittadini ma semplicemente di chi utilizza questa struttura. Voi che voterete questa delibera andrete a peggiorare la qualistà di vita dei cittadine...». Il Frongia spiegava i trucchetti lottizzatori dietro il progetto, di come «far lievitare i valori dei terreni da 78 euro a 780 euro»; dava, insomma, lezioni di «buona urbanistica» con slancio a metà fra Renzo piano e Zaha Hadid. Sicchè, dallo scranno dei Cinquestelle, allora all' opposizione, si levavano frasi come «gli emendamenti sono come lifting a un cadavere»; «nessuno avrebbe scelto quell'area»; «lo stadio è un regalo di Natale ai poteri forti»; «è contra legem»; «è un regalo non per i tifosi ma per i Parnasi e per gli Armellini» ai costruttori e ai palazzinari; «è un progetto che tradisce la lettera e lo spirito della legge ed il Piano regolatore ne esce stravolto).

Lo stadio tradisce i cittadini, il piano regolatore, lo spirito stesso di Roma, affermavano i Raggi Boys, facendone un refrain per l'intera legislatura. Lo spirito era lo stesso che coerentemente accompagna ora l' assessore all'Urbanistica Berdini. Che è un tantino pettegolo, ma tecnicamente attrezzato: «Sono contrario: abbiamo due stadi meravigliosi, Olimpico e Flaminio, quest'ultimo ora quasi pericolante...Stiamo a 13,5 miliardi di deficit per l'urbanistica non sensata, poi due miliardi accumulati in tre anni di Marino. Roma sta fallendo e noi parliamo del videogioco stadio, una follia urbanistica scellerata?». Il tutto accompagnato da relazioni tecniche su rischi idrogeologici e speculazioni edili. Naturalmente metà del Movimento, ancor oggi, la pensa come la pensava Virginia Raggi allora.

La quale Virginia fece una cosa cazzutissima vietando le Olimpiadi. Che adesso alle «ragioni delle bellezza» (direbbe Sgarbi) preferisca quelle del tifo matto e disperatissimo; bè, è più di un delitto, è un errore (direbbe Talleyrand).

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