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martedì 28 giugno 2016

Mancato controllo della vescica: un nuovo modello per la diagnosi

Controllo della vescica: un nuovo modello per la diagnosi


di Pierluigi Montebelli



Tra le più gravi conseguenze delle lesioni midollari traumatiche, la disfunzione vescicale rappresenta anche uno tra i principali ostacoli al reinserimento sociale, scolastico o lavorativo delle persone con lesioni spinali. Non a caso, il recupero dell’autonomia nella minzione è considerato dai pazienti stessi come assolutamente prioritario, spesso ancor più di quello delle capacità deambulatorie. Ma se nella letteratura scientifica e nella pratica medica esistono modelli di predittività del recupero delle funzioni locomotorie e della mobilità degli arti superiori, non è così per le funzionalità delle vie urinarie. O meglio, non lo era fino ad oggi. È proprio questo infatti l’importante e innovativo risultato di un lavoro firmato, tra gli altri, dai ricercatori del Centro Spinale, dello SpiRe e dell’Ambulatorio di Urologia della Fondazione Santa Lucia, guidati dal dottor Giorgio Scivoletto: l’elaborazione di un modello che permette di prevedere se, ad un anno dalla lesione, il paziente avrà recuperato o meno la capacità di urinare spontaneamente. Lo studio, pubblicato a giugno dalla rivista scientifica Plos Medicine, ha esaminato i dati relativi a 1.250 soggetti con lesione midollare traumatica inclusi nel database dell’European Multicenter Spinal Cord Injury - EMSCI, di cui la Fondazione Santa Lucia è l’unico membro italiano. 

La ricerca è stata condotta sulla base di alcuni dati neurologici, riguardanti la forza e la sensibilità degli arti inferiori, e alcuni dati funzionali sulla gestione degli sfinteri, registrati al momento della prima valutazione del paziente, entro 30 giorni dalla lesione. Il modello ha mostrato un’efficacia elevatissima: il 94 percento dei casi. Ciò significa che è ora possibile rispondere tempestivamente e con certezza alla richiesta d’informazione dei pazienti sulla loro possibilità di recupero della funzione vescicale e, di conseguenza, attuare misure utili alla loro futura qualità di vita. In particolare “il cateterismo intermittente - spiega il dottor Giorgio Scivoletto - è il cardine delle cure rivolte ai pazienti con questa disfunzione. È oggi l’unica tecnica a disposizione che rispetti l’alternanza fisiologica del riempimento e dello svuotamento vescicali, senza richiedere la presenza di alcun corpo estraneo, possibile fonte di complicazioni, all’interno della vescica”. Numerosi studi e l’esperienza clinica diretta dimostrano che questa tecnica, correttamente eseguita, riduce il rischio di infezioni urogenitali anche in ambiente ospedaliero. Può essere eseguita in autonomia dai pazienti con frequenza media di 4-5 volte al giorno. “Mentre in ospedale è raccomandata una procedura sterile, a casa può essere effettuata in sicurezza semplicemente lavando accuratamente le mani e le parti interessate”, spiega il Neurologo. 

“L’educazione all’autocateterismo intermittente è al centro delle cure riabilitative rivolte ai pazienti mielolesi - continua Scivoletto - insieme ad adeguate raccomandazioni per la prevenzione delle infezioni e all’indicazione della quantità di liquidi adeguati da assumere nel corso della giornata. Per chi non può sperare nel recupero dell’orinazione spontanea - conclude il medico - questi strumenti diventano essenziali a migliorare la qualità di vita”. Oltre a rappresentare un evento fortemente drammatico per le persone colpite, le lesioni traumatiche del midollo spinale - il 65 percento delle mielolesioni in Italia -  rappresentano un forte onere per il sistema sanitario. Traumi derivanti nella maggior parte dei casi da incidenti stradali, cadute e incidenti sportivi, si trasformano infatti spesso in invalidità permanenti. Ma mentre in passato le complicanze sistemiche generate da disfunzioni del tratto urinario erano responsabili per oltre il 40 percento dei decessi tra gli individui colpiti, oggi la combinazione di auto-cateterismo, trattamenti farmacologici e regolari indagini urodinamiche ha rivoluzionato la cura dei pazienti affetti da questo tipo di lesioni, riducendo questo dato al 13 percento.

I genitori non pagano la retta scolastica, alunni vanno a piedi...

I genitori non pagano la retta scolastica. Mensa sì, ma gli alunni vanno a piedi



Genitori morosi e bambini esclusi dalla mensa scolastica. Questa la soluzione adottata in molti Comuni per costringere i genitori inadempienti a pagare le rate alla scuola. La sindaca leghista di Ello, in provincia di Lecco, ha trovato un altro modo. Il pranzo non sarà tagliato, ma rimarranno a piedi. “Ai bambini che non pagano continueremo a dar da mangiare, ma non potranno più salire sullo scuolabus - ha spiegato la prima cittadina Elena Zambetti, 61 anni - Nessun bambino sarà mai lasciato a digiuno, o discriminato impedendogli l’accesso alla mensa. Mangiare è un loro diritto e i bambini non hanno colpa né delle difficoltà, né dei comportamenti dei genitori. Però negheremo loro il pullmino scolastico, perché riteniamo che i genitori che non pagano debbano provvedere ad accompagnare i figli all’asilo con i propri mezzi”.

La misura, che ha ricevuto il plauso degli altri genitori, scatterà a settembre. Un tentativo per contrastare i “furbetti della mensa scolastica”. “Negli ultimi mesi alle famiglie inadempienti abbiamo scritto quattro lettere di sollecito. Risultato? Nessuna risposta - racconta la sindaca - Allora le abbiamo convocate in Comune e abbiamo proposto loro una rateizzazione. Hanno detto ancora no. Eppure sono genitori che lavorano regolarmente. Non versano quindi in situazioni di povertà. Tanto che sono famiglie sconosciute sia ai servizi sociali che alla Caritas. Semplicemente sono furbi, sanno di poterlo fare e lo fanno. Ma causano un ammanco nelle casse municipali e, soprattutto, un’ingiustizia verso coloro che pagano”.

La scuola materna di Ello, l’unico asilo pubblico della zona, ospita 50 bambini. Da mesi, il 10 per cento dei genitori degli alunni non versa la retta, senza fornire giustificazioni, nonostante le ripetute sollecitazioni. Siccome i morosi sono tutti figli di extracomunitari che non risiedono a Ello, per loro la tariffa di 100 euro al mese comprende, oltre al buono pasto, anche il servizio di scuolabus. La sindaca spera che il taglio del trasporto spinga i genitori morosi a rimettersi in regola. “È un ammonimento per frenare il diffondersi delle insolvenze, che purtroppo sono in crescita e non possiamo più tollerare” ha commentato Zambetti.

Brexit, la banca (italiana) rovinata Ecco l'istituto che rischia più di tutti

Brexit, la banca rovinata: l'istituto che rischia più di tutti



Dopo la Brexit e il tracollo sui mercati dello scorso venerdì, per Piazza Affari si delinea una nuova giornata di passione: dopo un avvio piatto, il listino è pesantemente tornato in negativo. Nel mirino, come è noto, il comparto bancario. Per il governo e per Bankitalia quella di oggi è una giornata decisiva: bisogna comprendere se sarà necessario intervenire e come prima che il sistema bancario venga destabilizzato o, peggio, compromesso.

E un piano per tentare di arginare l'emergenza ci sarebbe già. Il governo intenderebbe muoversi con risorse finanziarie proprie, dunque senza far ricorso allo strumento dello European Stability Mechanism, più prosaicamente detto il fondo salva-Stati (per ricorrervi, oltre a sottomettersi ad ulteriori condizioni-capestro imposte da Bruxelles, è necessario chiedere l'attivazione del programma). Un funzionario dell'Unione europea citato da Repubblica ha spiegato che "se le banche perdono un altro 20%, la situazione diventa pesante". E, dunque, si dovrà intervenire. Il timore è che il crollo del mercato azionario possa provocare dubbi sulla solidità del sistema. 

I vertici di Bankitalia, ministero dell'Economia e Consob si sono già incontrati la corsa settimana per stabilire una possibile modalità d'intervento. Dall'incontro sarebbe emerso anche l'identikit che, ora come ora, rischia più di tutti gli altri: si tratta del Monte dei Paschi di Siena. La banca, ancora tramortita dai recenti scandali, per gli effetti collaterali della Brexit potrebbe subire il proverbiale colpo di grazia. L'obiettivo del possibile intervento, dunque, è quello di sgravarne i bilanci dal peso dei crediti deteriorati, o rafforzarne il capitale con un intervento straordinario.

ADESSO CREDIAMOCI Un'Italia da leggenda: è il capolavoro di Conte

Italia ai quarti, il capolavoro di Conte: cosa ci insegna la vittoria sulla Spagna



Un'impresa, per chi non conosce Antonio Conte. Una partita perfetta, per chi lo conosce. L'Italia batte 2-0 la Spagna bicampione uscente e approda ai quarti degli Europei: sabato sotto con la Germania mondiale, nella seconda tappa di quella che si spera una lunga striscia di sfide difficilissime e affascinanti nella parte destra del tabellone, quella "infernale". Siamo arrivati agli ottavi da "mezza sorpresa", approdiamo ai quarti con una consapevolezza nuova. 

Perché dobbiamo crederci - Al 94' tutti gli azzurri - tutti - saltano e ballano, il coro è quello noto da 10 anni, il po-po-po, i sorrisi sono un po' meno increduli, la gioia inebriante ma per certi versi contenuta, già proiettata al prossimo avversario. Sotto questo punto di vista l'Italia di Conte ricorda di più quella di Lippi del 2006 che quella di Prandelli finalista a Euro 2012. Non significa ovviamente che arriveremo fino in fondo a questo Europeo, significa però che abbiamo dimostrato di possedere la forza interiore per giocarcela contro tutti, Germania, Inghilterra o Francia, senza temere di cedere di schianto sotto il peso dei nervi, come accaduto nella finale di Kiev, 4 anni fa proprio contro la Spagna

Intelligenza e sacrificio - A Saint-Denis va in scena una partita simile al debutto, bellissimo, contro il Belgio. Se possibile anche migliore, perché la Spagna ha esperienza infinitamente maggiore e storicamente, dal 2008 a oggi, ci ha sempre fatto male. Invece a fare male stavolta siamo noi, ogni volta che aggrediamo e puntiamo l'area presidiata da Piqué e Ramos. Il gol di Chiellini a metà primo tempo e la zampata finale di Pellè (quasi una fotocopia della rete contro i belgi) finiscono nel tabellino, le occasioni sprecate da Giaccherini ed Eder, l'intelligenza e il sacrificio degli attaccanti e dei centrocampisti, la sontuosa prestazione dei difensori e dei terzini no ma pesano forse di più. 

Conte perfetto - Conte ha studiato le mosse al centimetro, ingabbiando i cervelli noti di Del Bosque (Iniesta, Silva e Fabregas, pervenuti solo a sprazzi) e quelli occulti (Ramos e Piqué, i primi a impostare e sempre soffocati dai commoventi Pellè ed Eder). Quando mette Motta per De Rossi mezza Italia trema, ma l'ex Inter rimedia con la furbizia agli evidenti limiti fisici e dinamici. E Insigne, dentro per Eder, dà il cambio di velocità che serviva. Un applauso per Buffon, che ha salvato tre volte il risultato. L'ultima poco prima del gol di Pellè, un tuffo su Piqué che forse entrerà nella sua ventennale e ricchissima storia. Di sicuro entrerà nella storia, azzurra, questa partita, comunque andrà con i tedeschi. Oggi era una rivincita per noi, sabato saranno Neuer e compagni a volersi vendicare del 2012. Sarà una gara di nervi e di cuore, ne siamo i maestri indiscussi. Ma occhio, perché oltre a soffrire sappiamo anche giocare, e bene. 

Cinema in lutto, addio Bud Spencer Una leggenda tutta cazzotti e risate

Lutto nel cinema, è morto il mito Bud Spencer



È morto Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli: uno degli attori più famosi e amati del cinema popolare italiano, aveva 86 anni. Tra anni Settanta e Ottanta aveva formato una mitica coppia comica con Terence Hill. "Papà è volato via serenamente - ha annunciato il figlio Giuseppe -, aveva tutti accanto, la sua ultima parola è stata grazie".

Trent'anni da mito - Napoletano, ex campione di nuoto (nel 1950 è il primo a scendere sotto il minuto nei 100 stile libero) partecipa alle Olimpiadi di Helsinki 1952 e ai Giochi di Melbourne 1956. Dopo lo sport, arriva il cinema: con il regista Giuseppe Colizzi è il protagonista del western Dio perdona… io no!. Cambia nome combinando quello della sua birra preferita, la Budweiser, e quello del divo di Hollywood Spencer Tracy. Praticamente infinita la lista dei suoi titoli memorabili: Lo chiamavano Trinità, Quattro mosche di velluto grigio (puntata "seria", con un regista come Dario Argento), ...più forte ragazzi!, Anche gli angeli mangiano fagioli. Poi la serie di Piedone, I due superpiedi quasi piatti, Lo chiamavano Bulldozer, Banana Joe, Bomber. Dagli anni '90 aveva diradato le apparizioni, comparendo in Fuochi d'artificio dell'amico Terence e dedicandosi soprattutto alla tv, da Detective extralarge a i Delitti del cuoco nel 2010, ultimo suo ruolo.

La politica - Ha sempre dichiarato di aver votato a destra, tanto da candidarsi con Storace alle regionali 2005 del Lazio, senza venir eletto (ma con 4.000 preferenze). Nel 2013 aveva sostenuto la candidatura della figlia Cristiana nel Pdl, alle comunali della Capitale.

L'avvocato Risponde: "Diritti dei coniugi, separazione e divorzio"

L'avvocato Mario Setola risponde a Luigi da Afragola


Avv. Mario Setola


La Domanda:

Egregio avvocato, mi chiamo Luigi e scrivo da Afragola. Due futuri sposi hanno stipulato, tramite scrittura privata, un accordo prematrimoniale con il quale hanno convenuto che in caso di separazione il futuro sposo, piu' ricco di lei, le avrebbe intestato la casa coniugale in cambio della rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa economica, compreso l'assegno di mantenimento. In seguito il marito decide di abbandonare il tetto coniugale avendo intrapreso una nuova storia sentimentale con un'altra donna e la moglie decide, allora, di chiedere la separazione con addebito  chiedendo non soltanto la corresponsione di un assegno di mantenimento parametrato al reddito del coniuge ed il risarcimento del danno per l'adulterio subìto, ma anche la liquidazione pro quota di strumenti finanziari giacenti su un apposito conto deposito titoli cointestato ad entrambi. Il marito puo' opporre l'infondatezza delle pretese della moglie facendo valere l'efficacia e la validità dell'accordo prematrimoniale?




La Risposta: 

In materia di validità ed efficacia degli accordi prematrimoniali in Italia, dobbiamo necessariamente fare riferimento alla recentissima sentenza della Corte di Cassazione civile, sez. I, del 23/12/2012 n° 23713. Nella generalità dei casi, poiché il nostro ordinamento giuridico non disciplina questo genere di convenzioni, gli accordi prematrimoniale in vista dell'eventuale separazione e del divorzio, sono nulli per illiceità della causa. Sono privi di effetti pertanto, gli accordi con cui gli interessati (coniugi) stabiliscono anticipatamente il regime giuridico da adottarsi alla cessazione degli effetti civili del matrimonio (separazione, divorzio). Diverso il caso in cui si configuri un contratto atipico con condizione sospensiva lecita(dove la condizione sospensiva è la separazione dei coniugi) e non un accordo prematrimoniale in vista della separazione e del divorzio.  Ipotizziamo il caso in cui un coniuge si impegna per iscritto, in caso di separazione o divorzio, a cedere al marito un immobile di sua proprietà, a titolo di indennizzo delle spese sostenute dallo stesso per la ristrutturazione.  In questo caso, la causa dell'accordo è quella di un contratto atipico con condizione sospensiva lecita, cioè la separazione dei coniugi. In questo caso, la Cassazione, nella sua recente sentenza, scrive quanto segue: "… valido l'impegno assunto dai nubendi in caso di fallimento del matrimonio, qualificandolo non come accordo prematrimoniale in vista del divorzio, ma come contratto atipico con condizione sospensiva lecita, espressione dell'autonomia negoziale dei coniugi diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell'art. 1322, secondo comma, del codice civile" . questa norma infatti recita testualmente:”Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare , purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”. 

Nel tuo caso tuttavia, si tratta di un accordo prematrimoniale giuridicamente nullo ed inefficace e non di un contratto lecito sotto la condizione sospensiva della separazione. Nel tuo caso infatti, non c'è un sinallagma contrattuale lecito (ad esempio, poiché il coniuge ha ristrutturato l'immobile, l'altro coniuge si impegna a trasferirlo, in caso di avveramento della condizione “separazione”), ma uno scambio illecito, in quanto l'impegno a trasferire l'immobile vede come contropartita, la rinunzia al mantenimento da parte del coniuge economicamente debole, in violazione dell'articolo 156 del codice civile, il quale prevede che “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.

L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato”. Il tuo caso inoltre, riguarda una separazione giudiziale con addebito della colpa al coniuge fedifrago; l'accordo prematrimoniale, quand'anche fosse valido, nulla dice a proposito dell'eventuale addebito della separazione ad un coniuge. 

Avv. Mario Setola – Esperto in Diritto di Famiglia 
Studio: Cardito (Na) Corso Cesare Battisti n. 145
Cell. 3382011387 Email: avvocato.mariosetola@libero.it

lunedì 27 giugno 2016

L'intervista - Di Battista svela il piano segreto M5s "Così ci libereremo di Renzi ed euro"

Di Battista svela il piano segreto M5s: "Così ci libereremo di Renzi ed euro"


intervista di Pietro Senaldi



«Non mettetemi per favore la solita foto con la sigaretta in bocca». Così Di Battista nell'intervista che rilascia a Pietro Senaldi pubblicata su Libero. 

Cambio di strategia comunicativa?

«No, è che ho smesso da due anni e mezzo».

Cambio di strategia politica in vista del governo alllora?

«Al governo ci andiamo, è il messaggio che viene dalle elezioni, il passaggio di M5S da voto di protesta a voto per farci governare l’hanno sottolineato perfino gli analisti. Noi siamo una forza di governo, lo stiamo dimostrando e continueremo a farlo amministrando le città ».

Con Di Maio premier?

«Di Maio lo stimo tantissimo, ci frequentiamo anche fuori dal lavoro. Ma parlare del candidato premier è prematuro. Sceglieranno i nostri iscritti».

Si candiderà anche lei?

«È prematuro parlarne».

Ma chi comanda ora in Cinquestelle, non si è mai capito bene?

«I sindaci sono autonomi, basta che rispettino il regolamento del Movimento. Adesso hanno al loro fianco anche un gruppo di coordindamento di cui fa parte come responsabile degli Enti Locali anche Di Maio, ma questo non intacca la loro autonomia. Gli europarlamentari viaggiano da soli e qui in Parlamento c’è il famoso direttorio a cinque, di cui faccio parte anch’io, che non è altro che un organo di coordinamento del lavoro di tutti».

Un modello di leadership diffusa, In antitesi al personalismo di Renzi e Berlusconi?

«Per noi arrivano prima i programmi. Il leaderismo è uno dei problemi dell’Italia, ed è uno dei motivi per cui il M5S è nato. Partite dai cittadini significa coinvolgere tutti, cosa che non hanno fatto né destra né sinistra».

Grillo ha fatto il passo indietro?

«Lui è sempre stato solo il nostro garante, visto che non può candidarsi, non si occupa della macchina del Movimento. Io stesso la prima volta l’ho incontrato solo tre anni fa sul palco di San Giovanni a fine campagna elettorale. Di fatto sono diventato parlamentare senza conoscerlo».

C’è chi dice che siete cresciuti come classe dirigente dopo la scomparsa di Casaleggio…

«Lui è uno degli uomini che ho più stimato in vita mia. Aveva la visione, è stato l’ideologo, ma la classe dirigente non si è formata negli ultimi due mesi. Raggi e Appendino sono al secondo mandato, hanno fatto la gavetta».

Però avete questa maledizione del secondo mandato oltre il quale non potete più candidarvi…

«Questa benedizione, vorrà dire. Mi creda, dieci anni non sono pochi, bastano per lasciare il segno e in più ti consentono di restare consapevole che la tua esperienza è a termine. Siamo qui a tempo per lavorare per i cittadini, non per inciuciare allo scopo di perpetuare al massimo la nostra permanenza in Parlamento».

Lei cosa farà dopo?

«È presto per chiederselo. Se sarò rieletto, ho ancora sette anni davanti in Parlamento. E poi non c’è bisogno di essere nelle istituzioni per continuare a fare politica. Mi piace scrivere, nel 2012 ho scritto un libro, “Sicari a 5 euro, vita e morte in America Latina”; in Guatemala, dove ho lavorato un anno come cooperante,era il prezzo per assoldare un killer».

Quanto guadagnava prima di essere eletto?

«Da cooperante, 1.450 euro».

Era preoccupato per il futuro?

«Preoccupatissimo, come quasi tutti quelli della mia generazione».

Per questo ha fatto politica?

«Faccio politica per togliere questo Paese dalle mani di chi l’ha distrutto facendo i propri interessi».

E adesso quanto guadagna?

«Un parlamentare porta a casa 12-13mila euro netti al mese, non lo so neanche. Io ne tengo per me 3100. In questi tre anni ho restituito allo Stato oltre 170mila euro. Avrei potuto comprarmi una casa, invece vivo in affitto. È la prova che non faccio politica per interesse».

Siete dei moralisti…

«Siamo persone che sanno quello che conta per i normali cittadini. Guadagnare quanto loro, anche se in verità guadagno ben più della media, mi fa pensare come loro e mi mantiene in contatto con la realtà. Non è moralismo. La gente vuole fatti, la nostra rinuncia economica è un fatto e, per restare in tema, paga».

Per le casse dello Stato 170mila euro sono una goccia nel deserto. Non è un sacrificio inutile?

«No. È quello che mi consente di far politica a testa alta e guardare la gente negli occhi. Noi di M5S siamo credibili, perché siamo gli unici che fanno quel che dicono. Se sei un politico, devi essere il primo a sacrificarti».

Il segreto del vostro successo?
«Che di colpo abbiamo fatto sembrare vecchi tutti gli altri. Renzi anagraficamente è giovane ma fa politica come Martinazzoli. Non c’è differenza tra lui e il suo rottamato D’Alema».

In che senso? 

«Promette, fa storytelling ma alla prova dei fatti pensa solo al potere. Sotto elezioni promette una pizza in più, lo zainetto, ti fa telefonare dalla Boschi che si finge centralinista. Ma qualcuno ha mai visto la Boschi telefonare a un truffato di Banca Etruria?».

Gli 80 euro però erano veri…

«Infatti promettendoli ci ha vinto le elezioni Europee nel 2014. Poi però gli italiani hanno scoperto che gli 80 euro in tasca non c’erano, perché evidentemente Renzi li ha dati con la mano sinistra e subito se li è ripresi con la destra. E allora non lo votano più».

Il nemico è il Pd?

«Assolutamente sì».

Perché vi odiano così tanto?

«Perché hanno capito che li mandiamo a casa. Abbiamo iniziato a Torino e Roma, l’anno prossimo arriverranno altre città. E il governo».

Cos’avete che loro non hanno?

«Serietà e coerenza. Il Pd è un partito di ipocriti. Vent’anni a far la lotta a Berlusconi e poi il Nazareno, e quando questo fallisce governa coi voti di Alfano e Verdini. Fa politica con gli inciuci, da professionista del Palazzo».

Voi invece…

«Facciamo, e bene, quello che il Pd dice ma non fa. Siamo coerenti con le nostre idee e la nostra identità e non veniamo a compromessi per governare, ci presentiamo soli».

Però i ballottaggi li vincete sempre con i voti del centrodestra...

«Io combatto i partiti, non i loro elettori. Certo che mi fa piacere se riesco a convincere un elettore di centrodestra a votare M5S, ma non parliamo con i segretari di partito».

Peggio Renzi o Berlusconi per un elettore di Cinquestelle?

«Sbagliato paragonarli. Renzi è più ipocrita, finge di essere Berlinguer e poi fa macelleria sociale, non ha mai lavorato un giorno in vita sua. Berlusconi pensava ai suoi interessi ma non fingeva di essere qualcosa di diveso. Infine Renzi, a differenza di Berlusconi, ha una boria infinita».

Lei però ha votato a sinistra?

«Il primo voto è stato ai Verdi, poi il Pd. Ma prima di conoscerlo».

Avrà fallito se...?

«Se non riesco a mantenermi diverso dai mestieranti della politica».

Cosa le piace del suo lavoro?

«Andare in mezzo alla gente e riceverne il sostegno».

La notorietà?

«Non ha valore per me. Mi ha fatto effetto all’inizio ma ora mi interessa solo il contatto, mi inorgogliscono gli incoraggiamenti ad andare avanti. Questo fine settimana l’ho passato facendo comizi a Matera e Taranto. Città dove non si vota. Noi ci siamo anche e quando non c’è da incassare».

Andrete al governo se...?

«Se resteremo fedeli a noi stessi e agli elettori. E se andrà bene Roma, quella è la partita decisiva, sarebbe un biglietto da visita vincente davanti all’opinione pubblica mondiale».

Bastano la moralità e l’anticasta per governare bene?

«Non bastano ma sono un buon inizio. Il sindaco di Pomezia ha preso il Comune in rosso e l’ha risanato in due anni. Quando gli ho chiesto come ha fatto, mi ha risposto solo che non aveva rubato».

Io però non vi voto…

«E perché?»

Con questa ossessione dei tagli in qualche modo finirebbe tagliato pure il mio stipendio. E questo ragionamento lo fanno in molti.

«Perché mi scusi, lei è un dipendente pubblico? Noi siamo solo contro gli stipendi pubblici da centinaia di migliaia di euro per occupare poltrone lottizzate, contro i vitalizi non coperti dai contributi, contro le posizioni di rendita. Cinquestelle non è contro la ricchezza».

E la decrescita felice?

«Noi siamo per il taglio dell’Irap: i 170mila euro a cui ho rinunciato sono andati alle imprese».

Mi dica un merito di M5S?

«Merito nostro se e in Italia non ci sono state ancora derive estremiste».

Non le pare un po’ grossa? 

«No, incanaliamo l’odio sociale dando una risposta di speranza».

Ma vede allora che siete il partito di chi non ha nulla da perdere?

«Ci sono molti imprenditori con noi. I nuovi sindaci sono quasi tutti professionisti. La stampa anti-M5S vedo che riesce a suggestionare pure i professionisti dell’informazione».

E questa storia del reddito minimo? Siete dei pauperisti…

«Le statistiche dicono che per una vita dignitosa oggi occorrono minimo 780 euro. Noi vogliamo portare le pensioni minime a quella cifra e darla a chi cerca o perde lavoro, sempre che segua dei corsi di riqualificazione».

E dove trovate i soldi?

«L’operazione costa 17 miliardi. Gli 80 euro, dati a gente con già un lavoro, costano 10, il Jobs Act, che non ha sconfitto la disoccupazione, ne è costato 12 e 1,5 lo spendiamo per garanzia giovani, che è un flop. I soldi ci sono, è questione di scelte».

La vostra partita di governo si gioca nel convincere i moderati: per molti non siete rassicuranti…

«La Gruber mi ha detto che siamo andati bene alle elezioni perché ci siamo normalizzati. A me sembra che da sempre gli unici normali siamo noi. Credo che tutti ambiscano a vivere in un’Italia con una maggiore giustizia sociale, anche i ricchi».

Il Pd vuole cambiare la legge elettorale perché hanno capito che così vincete voi. Gioco sporco?

«Lo faccia. Essere soli è la nostra forza. Abbiamo conquistato Comuni in cui contro di noi si presentavano sessanta liste. I colpi bassi ci fortificano, guardi Roma».

Cos’è successo?

«Il Pd ha montato la storia delle consulenze della Raggi 48 ore prima del voto. Che autogol: gli elettori hanno pensato che se la attaccavano così pretestuosamente significava che faceva molta paura, e così si sono ribellati. Involontariamente ha dato una motivazione in più per andare alle urne e votare contro Giachetti».

È felice della Brexit?

«Sono ammirato della democrazia inglese, che ha concesso agli elettori un referendum per decidere se stare dentro o fuori dall’Europa».

Volete stare dentro o fuori, ultimamente c’è stata confusione?

«Noi vogliamo che decidano gli elettori, è democrazia dal basso».

Ma un’idea personale dell’Europa ce l’avrà?

«L’Europa è un’opportunità importantissima che è stata rovinata da burocrati e banche. Un’Europa dei popoli sarebbe una risorsa preziosa per tutti, questa di oggi non lo è; va cambiata e lo faremo da dentro le istituzioni».

«Libero» sta facendo una raccolta di firme per poter votare anche in Italia un referendum per uscire dall’Europa. Ci dà la sua?

«Il nostro obiettivo è un referendum sull’euro. Un referendum sull’uscita dalla Ue non è mai stata una nostra proposta. Se però dovesse esserci in Italia, in ogni caso sarebbe un’espressione di democrazia».

Apre al Policlinico ‘A. Gemelli’ il primo Centro per il linfedema

Apre al Policlinico ‘A. Gemelli’ il primo centro per il linfedema


di Eugenia Sermonti



Apre presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma un centro unico in Italia per la cura del linfedema, una malattia sempre più diffusa che colpisce i vasi linfatici degli arti ed è caratterizzata da gonfiore. Diretto dalla professoressa Marzia Salgarello, direttore UOC Chirurgia Plastica e Ricostruttiva e responsabile del Centro per il Trattamento Chirurgico del Linfedema del Gemelli, si tratta della prima struttura dedicata al trattamento dell’invalidante patologia con un approccio microchirurgico di ultimissima generazione, caratterizzato da metodiche cosiddette ‘fisiologiche’, ovvero che agiscono nel pieno rispetto di anatomia e fisiologia del sistema linfatico. Il Centro è stato concepito con l’obiettivo di rivolgersi all’enorme numero di pazienti affetti da questa condizione (sono 40 mila l’anno i nuovi casi di linfedema, gli stessi numeri del cancro della mammella) che fino a oggi sono rimasti, di fatto, ‘orfani di cura’. L’inaugurazione si è svolta alla presenza dell’ingegner Enrico Zampedri, direttore generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e del professor Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, insieme con il professor Giovanni Scambia, direttore del 'Polo per la Tutela della Salute della Donna e del Bambino' al cui interno il Centro per il Linfedema è collocato. Nella giornata inaugurale si è tenuta anche la lectio ‘La supermicrochirurgia nel trattamento del Linfedema’ del professor Isao Koshima dell’Università di Tokyo, tra i massimi esperti mondiali sulla patologia del sistema linfatico. “Il Centro - spiega la professoressa Salgarello - completa la carta dei servizi del Policlinico Universitario A. Gemelli in campo oncologico offrendo risposte anche finalizzate al miglioramento della qualità della vita dei pazienti colpiti da tumore che troppo spesso vivono il paradosso terapeutico secondo cui guariscono dal cancro, ma al costo di dovere affrontare una patologia benigna, ma cronica e invalidante, qual è il linfedema”.

La malattia - Il linfedema periferico è una patologia cronica, progressiva, debilitante causata dall’accumulo patologico di liquido (linfa) nei tessuti (linfostasi) degli arti superiori o inferiori. Le principali forme di linfedema che si osservano sono: ‘primarie’, dovute a malformazioni dei vasi del sistema linfatico, e ‘secondarie’, dovute a eventi avversi esterni che alterano la normale funzione del sistema linfatico. La chirurgia oncologica è tra la cause più frequenti di linfedemi secondari. In Italia si registrano circa 40 mila nuovi casi all’anno di linfedema, tra forme primarie e secondarie. Tra il 5 e il 41% delle donne con tumore della mammella, dal 2,4 al 41% delle donne con tumore della cervice, dell’utero e delle ovaie, e tra il 25 e il 67% delle donne con tumore della vulva sviluppano linfedema dopo trattamenti oncologici. Un impatto notevole di questa patologia si osserva anche dopo trattamenti oncologici per tumori prostatici, melanomi e sarcomi. Il linfedema riduce la funzionalità dell’arto interessato; può associarsi a dolore, a infezioni ricorrenti e alterazioni cutanee; può rendere molto difficile la vita sociale e di relazione, impattando sulla qualità di vita; raramente può evolvere in una patologia maligna, il linfoangiosarcoma. Il linfedema normalmente si osserva a distanza di 1-4 anni dopo la chirurgia oncologica. Spesso sottovalutati, i pazienti arrivano a diagnosi di linfedema quando il ‘gonfiore’ è stabile e persistente, e quindi in uno stadio clinico intermedio o avanzato.

A chi si rivolge il nuovo Centro - Tutti i pazienti affetti da linfedema sia primario che secondario possono far riferimento a questo centro per conoscere le possibilità e le diverse opzioni terapeutiche. Per i pazienti con fattori di rischio per linfedema si consiglia di effettuare una visita di controllo ambulatoriale entro l’anno dalla conclusione delle terapie oncologiche, indipendentemente dai sintomi. In questo modo diviene possibile effettuare la diagnosi precoce di linfedema, anche grazie all’ausilio di una metodica diagnostica di ultimissima generazione, minimamente invasiva e ambulatoriale quale 'la linfografia a fluorescenza con verde di indocianina'. La diagnosi precoce della malattia è importante perché consente di evitare la progressione del linfedema. Inoltre, le possibilità di successo della microchirurgia aumentano quanto più precoce è lo stadio della malattia.

Le cure - Fino a oggi il linfedema è stata considerata una malattia trattabile solo da un punto di vista sintomatico, utilizzando la terapia fisica combinata. Questa prevede un impegno a vita da parte del paziente il quale, oltre alla fisioterapia decongestionante, deve indossare a vita indumenti elasto-compressivi e attenersi scrupolosamente e quotidianamente ad alcune ‘regole’ per evitare la progressione della malattia e le possibili infezioni (‘skin care’ quotidiano, attenzione agli sforzi di ogni tipo, utilizzo di repellenti soprattutto in estate per limitare al massimo le punture di insetto, attenzione anche a piccoli traumatismi, cautela nell’esposizione solare diretta. Tutte queste attenzioni servono a evitare di incorrere in una linfangite, malattia intercorrente che farebbe aggravare il linfedema e comporterebbe  un peggioramento ulteriore).. Presso il nuovo centro del Policlinico il linfedema si può curare grazie a due metodiche microchirurgiche fisiologiche:

Le anastomosi linfatico-venose (LVA) con tecnica supermicrochirurgica - L’intervento consiste nel deviare (bypassare) i collettori linfatici a delle piccole venule sotto pelle di dimensioni di circa 0.2-0.5 millimetri allo scopo di 'scaricare' i vasi linfatici che risultano ostruiti. L’intervento si effettua con l’utilizzo del microscopio intraoperatorio e con tecniche di supermicrochirurgia. L’intervento chirurgico si effettua attraverso delle incisioni di circa 2-3 cm, ed è quindi poco invasivo.

Trapianto autologo di linfonodi/tessuto linfatico - L’intervento consiste nel prelevare in modo selettivo del tessuto linfatico/ linfonodi con i loro vasi trofici, da una zona del corpo (ad esempio inguine, collo, ascella) per trasferirli a livello dell’arto che è interessato dal linfedema, ricollegando i vasi dei linfonodi a dei piccoli vasi locali con l’utilizzo del microscopio. L’obiettivo dell’intervento è riportare dei linfonodi/tessuto linfatico nell’arto malato per migliorare il drenaggio linfatico.

La zona di prelievo dei linfonodi viene studiata preoperatoriamente anche utilizzando la metodica del 'reverse mapping', che permette di selezionare in modo specifico linfonodi che non andranno a disturbare il normale drenaggio linfatico della zona di prelievo. Con la terapia microchirurgica il 91,2% dei pazienti ha riportato miglioramenti soggettivi, con riduzione della circonferenza dell’arto affetto fino al 70%, fino al 78% dei casi ha interrotto l’utilizzo di indumenti elasto-compressivi, e fino al 100% dei casi non hanno più riportato episodi di infezione. Il centro del trattamento chirurgico del linfedema - spiega la professoressa Marzia Salgarello - offre un team di esperti che si prende cura del paziente in un sistema integrato, in cui i fisioterapisti collaborano con i chirurghi nel trattamento e nella preparazione del paziente alla chirurgia, e poi lo seguono nella fase successiva. La nuova terapia chirurgica del linfedema vuole proporsi come il momento più incisivo nella cura della malattia, con l’obiettivo di migliorare i sintomi della malattia stessa (le dimensioni dell’arto, il numero o la frequenza delle infezioni) e quelli soggettivi che si riflettono sull’immagine di sé, sulle attività quotidiane e sulla vita sociale, con rilevanti ripercussioni sulla qualità della vita. “È questo un progetto avveniristico - conclude la professoressa Salgarello - che ha come primo momento la divulgazione a tutti i pazienti di queste nuove possibilità terapeutiche: fare arrivare a loro, i pazienti, la conoscenza di questa novità di cura è il nostro primo passo, che getta le basi per la cura di domani”. 

Rivolgendosi al CUP (SSN - 0688805560) o all’ALPI (800-262272) si può prenotare una visita ambulatoriale di Chirurgia Plastica per ottenere una prima valutazione

Vespa accerchiato, è la fine di un'era: "La prendo a schiaffi?", lo denunciano

Vespa accerchiato, fine di un'era: "La prendo a schiaffi?", querela in arrivo



Un accerchiamento senza precedenti per Bruno Vespa. Dopo la rissa a Porta a porta con Renato Brunetta, il capogruppo di Forza Italia alla Camera non molla il colpo, anzi. Il problema è stata la presenza di Davide Serra, finanziere e finanziatore di Matteo Renzi, nella puntata in cui si parlava di Brexit: "Quando l'ho fatto rilevare io la reazione di Vespa è stata surreale, ha avuto il coraggio di dirmi Lei stia al suo posto - ha ricostruito l'accaduto sul Tempo -. Se l'è presa come se non fosse tenuto a spiegare nulla a nessuno, lui è un conduttore, non il padrone della trasmissione. E io ho ricevuto la solidarietà dall'Italia intera, compresi alcuni consiglieri di amministrazione Rai. La rete si è scatenata contro di lui. Per Vespa, in ogni caso bravissimo giornalista, è finita un'epoca".

Querela a 5 Stelle - Anche i grillini sono fuori dalla grazia. Poco prima dello scontro con Brunetta, infatti, Vespa aveva zittito la senatrice 5 Stelle Barbara Lezzi, colpevole di aver rimproverato un altro ospite in studio, Mario Orfeo. Il direttore del Tg1, visibilmente contrariato, aveva richiamato Vespa chiedendogli di fare qualcosa e il conduttore Rai, visibilmente in difficoltà, gli si era avvicinato sussurrando "La devo prendere a schiaffi?". Roberto Fico, presidente commissione Vigilanza Rai e membro del direttorio M5S, chiede adesso "provvedimenti seri ed immediati nei confronti di Vespa" e di Orfeo. "Lunedì presenterò un'interrogazione a Rai e Agcom - annuncia l'esponente grillino -. Valuteremo se è possibile una querela nei confronti di Vespa". 

Bufera contro Renzi e Campo Dall'Orto La protesta Rai che terrorizza il premier

Terremoto contro Renzi e Campo Dall'Orto La protesta in Rai che terrorizza il premier



I giornalisti della Rai contro Matteo Renzi e il dg di Viale Mazzini Antonio Campo Dall'Orto. In una nota si legge: "Nelle edizioni principali di ora di pranzo e della sera di domani lunedì 27 giugno le giornaliste e i giornalisti della Rai ritireranno le firme come forma di protesta nei confronti delle recenti decisioni dell'azienda, sui tagli all'informazione e sul ricorso agli esterni. Una protesta per dire ai cittadini che tutto ciò avviene non in nostro nome"

Voto in Spagna, effetto-Brexit: è il caos Vince Rajoy...ma non vince nessuno

Effetto Brexit in Spagna. Vince Rajoy ma non vince nessuno



A sei mesi dal voto che mise in stallo la politica, la Spagna è tornata alle urne senza riuscire a disegnare una maggioranza netta: il Partito popolare si conferma primo ma senza maggioranza assoluta, pur se rafforzato da 14 deputati in più, davanti ai socialisti di Psoe, Podemos e Ciudadanos. La prevista marea dei partiti anti-sistema non c'è stata, forse per effetto Brexit. Gli exit poll, infatti, avevano illuso il partito viola di Pablo Iglesias di poter superare i socialisti ma così non è stato.

Podemos, alleato con Izquierda Unida, si ferma a 71 seggi, lo stesso risultato delle elezioni del 20 dicembre scorso. Il Pp di Rajoy avanza ma non a sufficienza: guadagna 14 deputati, a quota 138 su 350, con il 33% dei voti. A farne le spese è il partito moderato anti-establishment Ciudadanos, che scende da 40 a 32 seggi e al 12,9%. I socialisti si fermano al 22,8%, in leggera flessione a 85 deputati contro i 90 che avevano. Finora il leader socialista Pedro Sanchez ha escluso di allearsi con i popolari, ma potrebbe essere l’unico scenario possibile anche perchè Psoe e Podemos non arrivano insieme alla maggioranza assoluta e servirebbe comunque il sostegno degli indipententisti, come i nazionalisti baschi del Pnv (5 seggi) o quelli catalani di Cdc e Erc (17 deputati).

Sanchez è dunque di fronte a un dilemma: alleandosi con i popolari il Psoe rischia di venirne schiacciato e di fare la fine del Pasok in Grecia, scomparso dalla scena politica. Ma con la formazione di Pablo Iglesias c'è l'incompatibilità sulla Catalogna, visto che il Psoe respinge il referendum sull’indipendenza che trova disponibile Podemos. Di certo, non sarà facile superare l'impasse nella quarta economia della zona euro per superare lo stallo emerso già dopo il voto del 20 dicembre. Erano quattro i candidati a premier, leader dei rispettivi partiti: il premier uscente Mariano Rajoy, alla guida del Partito Popolare, eletto nel 2011; il segretario del Partito Socialista (Psoe) Pedro Sanchez; Pablo Iglesias, leader di Podemos che per queste elezioni ha stipulato un'alleanza con il partito di estrema sinistra Izquierda Unida, denominata Unidos Podemos; Albert Rivera Diaz, leader del partito centrista e anti-sistema Ciudadanos

domenica 26 giugno 2016

Napoli, la scrittrice-avvocata Adriana Dell’Amico presenta il libro “Nessuno è nato libero”

Napoli, la scrittrice-avvocata Adriana Dell’Amico presenta il libro “Nessuno è nato libero”



di  Antonio Parrella




NAPOLI. Prosegue il tour in Campania ed in tutt’Italia della scrittrice e avvocata Adriana Dell’Amico per la presentazione del suo libro dal titolo “Nessuno è nato libero”. Grande successo per questa interessantissima pubblicazione della scrittrice casertana e copie praticamente esaurite, tanto da dover richiedere subito la ristampa del libro. Oggi, domenica 26 giugno, l’autrice farà tappa a Napoli, presso la chiesa di San Gennaro all’Olmo (ore 18,30), in via San Biagio dei Librai. Al forum culturale, oltre all’autrice, interverrà tra gli altri anche Ernesto Di Mattia (responsabile settore cultura Comune di Lusciano). Interventi musicali e letture saranno curati dal cantante, musicista e attore Gianni Aversano. 

Adriana Dell'Amico
Avvocato-Scrittrice 
Dunque un appuntamento da non perdere per gli appassionati della lettura. L’avvocata casertana Dell’Amico, dopo i tantissimi consensi di pubblico e di critica delle precedenti presentazioni,  traccerà le linee del suo bellissimo testo, nel quale viene messo in primo piano “l’amore”. “Cos’è l’amore”. A questo interrogativo, che lascia spazio alle variegate risposte del lettore, la Dell’Amico darà la su personale interpretazione. “Prendete il vostro cuore - sottolinea la scrittrice - e custoditelocon un sogno prezioso. Non concedetelo a chiunque. Mai. Ma soltanto a colui che, a sua volta, ha un cuore simile al vostro”. Un pensiero sublime, questo, che contribuisce a rendere questo volume un’opera davvero straordinaria. Un libro da tenere sul proprio comodino. Un libro appassionante, coinvolgente. La Dell’Amico si rifà alla vita di un sacerdote. Don Nicola. Una vita quotidiana che farà riflettere profondamente il protagonista, fino a fargli ritenere che l’amore è degli angeli e noi uomini possiamo soltanto imitare quell’ombra platonica dell’amore divino, proiettato sul fondo della caverna in cui siamo  rinchiusi. Insomma un libro assolutamente da leggere. Tutto di un fiato.  

Meredith è morta, Rudy Guede è libero Il regalo dei giudici al condannato

Omicidio di Meredith, Rudy Guede libero. Regalo dei giudici: cosa hanno deciso



Trentasei ore di permesso premio per Rudy Guede, da oggi sabato dal 25 a domani domenica 26 giugno. Lo ha comunicato l'ufficio stampa del ragazzo, 29 anni, ivoriano, detenuto nel carcere di Viterbo, condannato in via definitiva a 16 anni per concorso nell'omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il 1 novembre 2007.

Rudy Guede trascorrerà le ore di permesso premio a Viterbo, in una struttura del Gavac, associazione di assistenti, volontari e animatori carcerari, seguito dal gruppo di lavoro creato dal Centro per gli Studi Criminologici a sostegno dell'innocenza di Guede. Finora Guede non ha mai usufruito di alcun permesso, ottenuto in tal caso alla prima richiesta e dopo aver scontato la metà della pena. Il giovane, che si dichiara innocente rispetto ai reati per cui è stato condannato in via definitiva, ha appena finito gli esami universitari e si laurerà molto probabilmente in luglio con una tesi sui mass media alla facoltà di Storia di Roma Tre.

Il permesso premio che è stato concesso a Guede, gli era stato revocato esattamente un mese fa per una questione burocratica legata alla fornitura dei suoi pasti. "Permesso premio - spiega Guede tramite il suo ufficio stampa - significa concepire finalmente uno spazio nuovo. Vedere altri al di fuori delle persone che vedi sempre. Permesso premio significa rientrare a contatto per un attimo con la spontaneità del mondo".

Stretta su ferie e malattia, ancora guai per gli statali

Stretta su ferie e malattia, ancora guai per gli statali



Tempi duri per i dipendenti della pubblica amministrazione. Dopo gli stipendi bloccati da anni e la pensione posticipata, è in arrivo un’altra batosta: ferie e permessi per malattia per gli statali funzionano solo a giornata e non ad ore. Non è quindi possibile utilizzarle come permessi per uscire prima o entrare dopo al lavoro. A fare il punto sulla questione è l'Aran, l'Agenzia che si occupa di pubblico impiego e che rappresenta il Governo nei tavoli con i sindacati. Nei mesi scorsi si era parlato della possibilità di spacchettare la “malattia” in ore, in modo da consentire le visite specialiste. Alla fine però non se ne è più fatto nulla: l’assenza deve durare tutto la giornata lavorativa è stata la decisione definitiva.

Anche per quanto riguarda le ferie, non ci sono buone notizie: l'amministrazione, se ne ha necessità, chiarisce l’Aran, può richiamare al lavoro il dipendente in villeggiatura, anche se deve rimborsargli il viaggio. Per sciogliere i dubbi ricorrenti tra i dipendenti pubblici, l’Aran ha confezionato una sorta di report dove, settore per settore, dai ministeriali agli insegnanti, indica tetti e vicoli in fatto di assenze.

L’argomento è sensibile. Il Governo è al lavoro per imprimere una stretta e cercare di rendere più difficile ai “furbetti” di fregare il sistema, come i furbetti del cartellino, i finti malati e l’utilizzo di altre scappatoie illecite. A farne le spese, però, rischiano di essere tutti i dipendenti statali, anche quelli onesti.

"Disintegrazione Ue irreversibile A lasciarci le penne sarà l'Italia"

Il guru Soros dopo la Brexit: "Disintegrazione Ue irreversibile, pagherà l'Italia"



"Lo scenario catastrofico che molti temevano si è materializzato, rendendo la disintegrazione dell'Unione Europea praticamente irreversibile". A dirlo è l'americano George Soros, 85 anni, tra i più potenti e famosi finanzieri al mondo. Come scrive Fubini sul Corriere della Sera, la sua "profezia" sulle conseguenze della Brexit, lanciata con un commento sul portale Project Syndicate, è tanto più inquietante perché lo stesso Soros nel 1992 aveva previsto la crisi di Lira e Sterlina. Le scorse settimane, intuendo una nuova fase si instabilità sui mercati finanziari, il suo fondo di investimento ha puntato tutto sul bene-rifugio dell'oro, vincendo. 

Italia anello debole - "I mercati finanziari in tutto il mondo resteranno probabilmente in agitazione fino a quando il complicato processo di divorzio politico ed economico dalla Ue non sarà negoziato. Le conseguenze per l'economia reale saranno comparabili solo alla crisi finanziaria del 2007-08", spiega. E le conseguenze peggiori saranno, giura, per l'area Euro e per uno dei suoi anelli deboli, l'Italia. "Le tensioni fra gli Stati membri hanno raggiunto il punto di rottura non solo sui rifugiati ma anche come risultato delle tensioni eccezionali tra Paesi debitori e creditori". "In Italia - conclude - la caduta del 10% del mercato azionario in seguito al voto sulla Brexit segnala chiaramente la vulnerabilità del Paese a una crisi bancaria conclamata, che potrebbe portare al potere il movimento populista 5 Stelle già l'anno prossimo". 

Le riforme impossibili - La salvezza? "Un serio programma di riforme dell'area euro, una reale unione bancaria, una limitata unione di bilancio e meccanismo molto più forti di delega e responsabilità democratiche. E il tempo non è dalla parte dell'UEuropa":

sabato 25 giugno 2016

Ecco i candidati al "Premio Stalin" "Vecchi", "ignoranti" e pure "nazisti"

I sette candidati al "Premio Stalin": "Vecchi", "ignoranti" e pure "nazisti"



Evviva la democrazia, ma mica sempre. Quanto è bello il referendum, ma soltanto se vince il Bene (o meglio, quello che per loro è il Bene). Già, perché se poi le urne dicono "Brexit", dall'elogio della democrazia si passa all'insulto del (presunto) colpevole. Il Regno Unito si stacca dalla Ue e l'intellighenzia tricolore (sinistrorsa, ma non solo) punta il dito: contro i "vecchi", gli "ignoranti", i "campagnoli" inglesi. Si leggono autorevoli commenti e si respira quell'odiosissima idea al caviale secondo la quale il diritto di voto dovrebbe essere esclusiva di chi è degno. E quelli degni, va da sé, sono loro. Mica il vecchio zotico e ignorantone di Peterbourough. Roba da dittatori (illuminati, direbbero loro). Roba da Stalin, per dirla pane al pane.

Ed è sulla base di queste brevi linee guida che, tra i vari, vi proponiamo i brani di alcune autorevoli riflessioni secondo le quali, in buona sostanza, la vittoria del "leave" è il frutto di una qualche forma di aberrazione: ignoranza, populismo, idiozia, vecchiaia (da intendersi nella più spregevole delle accezioni). A voi il compito di scegliere quale, tra questi estratti, debba essere insignito dal neonato - oggi, sabato 25 giugno - "Premio Stalin".

La rassegna comincia da quanto scritto da uno dei leader maximi del politicamente correttissimo, che curiosamente oggi si ritrova ad insultare la terza età (alla quale non appartiene, ma ancora per poco). Lui è Beppe Severgnini, che sul Corriere della Sera verga una paginata di raro livore nei confronti di chi ha detto Brexit. Scrive ciuffo bianco: "La Decrepita Alleanza ha vinto. Ha preferito il passato al futuro, i ricordi ai sogni, l'illusione al buon senso". Registriamo la definizione di "Decrepita Alleanza", ovvero la maggioranza del Regno Unito, bene ricordarlo, e chiudiamo qui l'analisi dell'articolo (si ricorda al lettore: per ogni articolo viene proposta soltanto una, emblematica, "sentenza").

Non poteva mancare Ezio Mauro, il fu direttore di Repubblica, il quale sempre su Repubblica ci spiega che "in un senso più generale, (il referendum, ndr) è un'altra prova di abdicazione della politica organizzata nella sua forma storica tradizionale, che oggi rinuncia ad assumersi i suoi rischi e ricorre al popolo per rincorrere in realtà il populismo che la sta mangiando a morsi e bocconi". Elegante, certo, il direttore. Ma la possibilità che ci siano valide ragioni dietro al leave, insomma, non lo sfiora neppure. Il Male è Male. E cosa sia il male lo decide lui.

Poi Eugenio Scalfari, che dalle colonne del medesimo quotidiano fa concorrenza a Mauro, mettendoci in guardia dai rischi. "Il Brexit è una bomba a orologeria: distrugge l'Inghilterra, mobilita i Paesi fuori dalla moneta unica a rivendicare la propria indipendenza, mobilita i populismi dovunque, eccetto lo scontro americano tra i repubblicani di Trump e i democratici della Clinton. Peggio di così era difficile immaginare". Barbapapà, se ne deduce, ha già scritto la storia: Inghilterra distrutta, assi transnazionali per combattere Bruxelles e - soprattutto - il dominio dell'onnipresente populismo, titillato, scatenato e portato nella stanza dei bottoni. Figuarsi: uscire dall'Europa, per Scalfari, può essere soltanto populismo.

A sorpresa, ammettiamolo, nella rassegna ci entra anche Alessandro Sallusti, il quale un po sprezzante scrive su Il Giornale: "I conti sono presto fatti: un milione di agricoltori e operai, probabilmente già in pensione, dalle campagne inglesi ha condizionato per sempre la vita di 600 milioni di cittadini europei e la storia di un continente". Maledetti agricoltori, maledetti operai, maledetti pensionati e maledetti campagnoli. O no?

Nel "dagli al vecchietto" si fa poi notare una delle prime frasi dell'editoriale di Sofia Ventura, su Il Giorno, la quale sorniona sottolinea: ""Probabilmente, pochi tra coloro che hanno votato per il leave saprebbero spiegare perché ora dovrebbero stare meglio, ma tutti probabilmente hanno avvertito che dentro l'Ue si è più esposti ai pericoli di un mondo globalizzato. Così pare abbiano pensato in particolare i più anziani". Sarà malizioso lo scrivente, ma sembra di subodorare un po' di malizia anche in questa scrittura, nello specifico quando si riflette sull'anziano. Povero vecchietto rimbambito: ha votato "leave" e neppure lui sa perché.

Ma il peggio "del caviale" deve ancora arrivare. Ed eccola, dunque, la prima parte di questo "peggio". Si parte da Roberto Saviano, che ha il tic del nazismo, e su Facebook si produce in questa intemerata fuori da ogni logica, confine e continenza. "Brexit: ha vinto il Popolo. Me lo ricordo il Popolo, nel 1938, acclamare Hitler e Mussolini a Roma affacciati insieme al balcone di Piazza Venezia. Me lo ricordo il Popolo inebriato, esaltato, per la dichiarazione di guerra"...e via dicendo, in un crescendo di "me lo ricordo" tutti nazismo e fascismo con i quali ci ricorda come il popolino tifò dittatura. Questa maledetta Brexit, per signor Gomorra, è roba quasi da nazisti. Il referendum esercizio democratico? No, imposizione fascistoide.

Infine, last but not the least, la seconda parte di questo "peggio". Non si vuole influenzare il lettore nell'assegnazione del Premio Stalin, ma questo peggio assomiglia assai al peggio del peggio: Massimo Gramellini, e chi sennò? Il trionfo del luogo comune è subito servito, in un discutibilissimo esercizio di superiorità morale: "Gli anziani, i meno istruiti e gli inglesi di provincia (hanno votato, ndr) per andarsene. La prova evidente che si è trattato di una scelta di paura, determinata da persone che, non avendo strumenti conoscitivi adeguati, hanno fatto prevalere la pancia sulla testa e la bile sul cuore". Quando si legge "strumenti conoscitivi" i peli si rizzano sulle braccia, vero? Ma d'altronde, Gramellini è così: anche lui il mondo lo divide tra chi è Bene e chi invece è Male, senza porsi dubbi, soltanto vergando insulti. E tra chi è il Male, per la firma de La Stampa, c'è "la vecchietta di Bristol" per la quale "l'Europa è il migrante nigeriano che attraversa la Manica per togliere il lavoro al figlio inglese della sua vicina". Povero lui. Poveri loro.

Ennio Doris, la Brexit e quella sua verità: "Cosa accadrà ai mercati tra pochi giorni"

Ennio Doris, la Brexit e una profezia... "Cosa accadrà ai mercati tra pochi giorni"



Ennio Doris non è stupito dal risultato sul referendum in Gran Bretagna e vede Brexit come una occasione. In una intervista a il Giornale, il patron di Mediolanum premette: "Noi abbiamo con i clienti una strategia di investimento di lungo termine, nella quale ogni fluttuazione dei mercati, più o meno violenta, viene assorbita e, anzi, diventa un opportunità. Così facciamo in modo che i fatti imprevisti come questo siano già contenuti nelle soluzioni che proponiamo".

E Brexit è meno grave di quel che sembra: "In questo referendum hanno esagerato tutti", spiega Doris, "Guardiamo le previsioni fatte quando il Regno Unito decise di stare fuori dall'euro", "si diceva che Londra avrebbe perso il primato sui mercati finanziari. Cosa è successo? Esattamente il contrario. Allora io dico che non solo le dichiarazioni sulle conseguenze della Brexit erano esagerate, ma che erano anche, in grandissima parte, sbagliate".

La Gran Bretagna seguirà "il modello Norvegia, Paese già oggi fuori da Ue e da euro, che però ha una serie di trattati con Bruxelles. Questo sarà il nuovo modello per i Paesi europei che non vogliono la Ue". "All'interno della Ue e dentro l'euro ci sono situazioni economiche diverse da quella tedesca" e "l'Europa dovrà mediare di più ed essere più attenta. Se lo farà, la Brexit, sarà servita a qualcosa. Viceversa il contagio sarà sempre più forte"

Diocesi di Aversa Parte l’Operazione per il recupero della Chiesa di San Domenico

Martedì 28 giugno, l’associazione “I Normann” presenta l’iniziativa per la riapertura del monumento a 36 anni dal terremoto


a cura di Gaetano Daniele



Parte l’Operazione San Domenico, l’ambizioso progetto di restituire alla città di Aversa la Chiesa di San Domenico a trentasei anni dalla sua chiusura, resa necessaria dal sisma del 1980.

L’iniziativa, a cura dell’associazione cittadina “I Normann”, sarà ufficialmente presentata martedì 28 giugno 2016 alle ore 17:00 presso la sala Guitmondo del Seminario Vescovile di Aversa. Prevista la presenza di S. E. Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa e tra i principali fautori  di questa iniziativa, unitamente a tutti coloro che stanno sostenendo questo ambizioso progetto. Interverranno inoltre Domenico De Cristofaro, Sindaco di Aversa; Mons. Ernesto Rascato, Delegato Regionale dei Beni Culturali Ecclesiastici; Mons. Clemente Petrillo, Parroco della Cattadrale e Padre Spirituale dell'Arciconfraternita del SS. Rosario in Aversa (che ha sede nella stessa Chiesa di San Domenico); l’Architetto Salvatore Buonomo, Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento. Saranno presenti Autorità Civili e Militari.

Questo progetto, che ha come fine il recupero di un monumento capolavoro del Barocco presente nella città di Aversa, viene condiviso da “I Normann” con altre realtà associative presenti nel territorio cittadino, come il Rotary Club Aversa Terra Normanna, il Lions Club Aversa Città Normanna, l’associazione Aversa Donna, la sezione Fidapa di Aversa. A queste realtà si aggiungeranno sicuramente altri importanti sodalizi socio-culturali aversani.

EUROPA, CAMBIA LA MAPPA Brexit, secessioni, nuovi Stati Attenti: c'è pure una "guerra"

La Brexit cambia la mappa d'Europa: secessioni, paesi riuniti e colonie "rubate"



Un terremoto politico, culturale, economico. E forse anche geografico. L'onda lunga della Brexit rischia di abbattersi anche sulla "mappa" d'Europa, ridisegnandone confini e creando nuove frizioni territoriali.

Secessione in Scozia - Il primo caso, quasi automatico, si aprirà dentro la stessa Gran Bretagna. I primi a protestare per la vittoria del "Leave" sono state Scozia e Irlanda del Nord. Non è un caso: in questi anni dentro l'Unione europea hanno goduto di decine di milioni di euro di fondi strutturali da Bruxelles cui nei prossimi 2 anni dovranno dire addio. Un disastro in termini di crescita e sviluppo. Un paradosso: la Scozia che qualche mese fa ha votato no al referendum sulla indipendenza, tra qualche tempo ci potrebbe riprovare ma con un obiettivo diverso: abbandonare la perfida Albione e tornare sotto l'ala protettiva di mamma Ue. 

"Irlanda unita" - L'Irlanda del Nord pensa a un passo ancora più clamoroso: un altro referendum, ma per riunificarsi con l'Irlanda. Protestanti e cattolici che per decenni si sono combattuti a suon di stragi e bombe e che ora hanno trovato un nemico comune, Londra. "Con l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue, l'Irlanda dovrebbe andare al voto per la propria riunificazione", ha suggerito Martin McGuinnes, vicepremier dell'Irlanda del Nord ma soprattutto storico leader dei nazionalisti dello Sinn Féein ed ex affiliato ai terroristi dell'Ira.

La voce dei bookmaker - Addirittura c'è chi come l'agenzia di bookmaker Paddy Power inizia a scommettere: la quota sul referendum per riunire l'Irlanda entro il 2020 è crollata da 8,00 a 4,00 nel giro di una notte, la vittoria si gioca a 5,5. Una nuova consultazione in Scozia entro il 2021 è una giocata da 1,44, con una vittoria degli indipendentisti a 1,60. 

"Londra indipendente" - Ci sono poi due casi che suonano quasi surreali. Nell'analisi dei voti, oltre a Scozia e Nord Irlanda, la roccaforte del "remain" si è rivelata la capitale Londra, cosmopolita e soprattutto centro nevralgico della finanza europea. Secondo l'autorevole giornale britannico Independent, nei prossimi giorni riprenderà piede una campagna già avviata per rendere indipendente la città, o perlomeno per conferirle uno status di autonomia in grado di rispedirla in qualche modo sotto l'ombrello dell'Ue. Fantapolitica, probabilmente, ma dà l'idea del caos che regna Oltremanica.

Gibilterra come le Falkland - Il secondo caso riguarda invece il Vecchio Continente. La Spagna ha subito allungato le mani su Gibilterra, territorio britannico oltremare nella penisola iberica dove il il 96% dei 30.000 cittadini ha votato "Remain". Dopo averla ceduta a Londra nel 700, ora Madrid per bocca del ministro degli Esteri José Manuel Garcia Margallo rivendica per l'enclave confinante con l'Andalusia la "sovranità condivisa": "La bandiera spagnola è vicina a sventolare sulla rocca, ma ciò non vuol dire che stia festeggiando per questa situazione". Una riedizione della contesa con l'Argentina per le Falkland-Malvinas. Senza fucili, si spera.

Fuori anche l'Italia? Cosa ci aspetta Date un'occhiata al documento-verità

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Ma cosa succederebbe in Italia se si votasse per uscire dall'Europa come è stato fatto in Gran Bretagna? Vincerebbe il sì o il no? Premettiamo che in Italia non è ammesso dalla Costituzione un referendum come quello inglese sulla brexit. Tuttavia, se per ipotesi fosse indetto, il 68 per cento degli italiani voterebbe a favore della permanenza dell'Italia nell'Unione Europea. Per l'uscita si esprimerebbe solo il 27 per cento. È il risultato di un sondaggio Ixè per Agorà (Raitre).