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venerdì 24 giugno 2016

BREXIT? ABBIAMO SCHERZATO "Clamoroso, referendum cancellato": verso il golpe dell'euro-vergogna

"Clamoroso, referendum cancellato": Brexit, verso il golpe dell'euro-vergogna



Il referendum sulla Brexit? Abbiamo scherzato. Già, perché il voto del Regno Unito che ha sancito l'uscita dall'Unione Europea potrebbe essere disatteso. A fare il punto della situazione è Simon Tilford, vicedirettore del think-tank Centro per le riforme europee, il quale premette che ciò che è successo configura "una situazione disastrosa". Secondo Tilford, la recessione che interesserà la Gran Bretagna durerà anni, anche se "nessuno però può ancora valutarne la portata, ma comunque lascerà il Paese permanentemente più povero". Poi, un po' sornione, aggiunge: "Cosa succederà al Paese dipenderà dalla tipologia di accordo che la Gran Bretagna riuscirà a fare con l'Unione europea, sempre che uscirà davvero".

Ed eccoci, dunque, all'"abbiamo scherzato". Già, esiste ancora un cavillo per annullare tutto. Il voto sulla Brexit è soltanto consultivo: perché diventi efficace occorre infatti che il governo britannico chieda ufficialmente di uscire e che faccia scattare l'articolo del Trattato di Libsona. "Ma non è ancora detto che succeda - spiega Tilford -. Oltre il 70% del parlamento britannico è contrario ad un'uscita dall'Unione europea ed è proprio il parlamento che deve ratificare l'uscita. Esiste la concreta possibilità che non voti a favore dell'uscita e che possa essere convocato un referendum". L'esperto, insomma, parla di "concreta possibilità" di cancellare la consultazione democratica con un tratto di penna.

Cosa prevedono i trattati

Ma cosa prevedono, i trattati, in casi specifici come questo? Tutti gli Stati membri dell’Unione Europea hanno il diritto di abbandonarla, come ha deciso di fare la Gran Bretagna. Finora non era mai successo, anche se la Groenlandia, membro autonomo del Regno di Danimarca, ha lasciato la Comunità Economica Europea, il predecessore dell’Ue, nel 1985, dopo aver ottenuto l’autogoverno, in disaccordo con la regolamentazione Ue in materia di pesca e con il bando dei prodotti in pelle di foca. Anche l’Algeria è uscita nel 1962, dopo essersi liberata dal dominio coloniale francese. Nel 1975 il Regno Unito tenne un altro referendum per decidere se ritirarsi dalla Cee, in cui era entrata due anni prima sotto il governo Tory guidato da Edward Heath: allora vinse il fronte del ’Remain’.

A regolare la materia è l’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, una delle due parti del Trattato di Lisbona del 2007, quello che ha creato l’Ue, sostituendo il trattato costituzionale bocciato dagli elettori francesi e olandesi nel 2005. "Qualsiasi Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione", recita il primo comma. "Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio Europeo (la cui riunione è prevista il 28 e 29 giugno a Bruxelles, appositamente rinviata per fare in modo di tenerlo dopo il referendum britannico, ndr). Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio Europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Ue".

"L’accordo - prevede ancora il trattato - è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione al Parlamento Europeo. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica, salvo che il Consiglio Europeo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine".

I due anni valgono come limite per stabilire le modalità di recesso dall’Ue, e non per rinegoziare i rapporti con l’Unione, cosa questa che potrebbe richiedere anni (le stime variano da cinque fino a nove-dieci). Naturalmente, lo Stato che recede "non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio Europeo e del Consiglio che lo riguardano".

La secessione dall’Ue è definitiva, tanto che, se lo Stato ex Ue dovesse decidere di aderire di nuovo, dovrebbe ripercorrere tutta la procedura prevista dall’articolo 49: il Paese fa domanda, il Parlamento Europeo e i Parlamenti nazionali dell’Ue ne vengono informati; lo Stato trasmette domanda al Consiglio, "che si pronuncia all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento Europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono". L’accordo di adesione deve poi essere ratificato da tutti gli Stati membri, secondo le rispettive norme costituzionali.

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