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domenica 30 novembre 2014

Lettera segreta di Enrico Cuccia: su De Benedetti aveva capito tutto

Enrico Cuccia, quella lettera segreta a Carlo De Benedetti: "Valeva la pena rischiare i soldi degli altri?"




Un vecchio carteggio tra il banchiere più potente e misterioso d'Italia, ossia Enrico Cuccia, e l'imprenditore che all'epoca delle missive si identificava quasi esclusivamente con Olivetti, ossia Carlo De Benedetti. Una serie di lettere inedite che Paolo Bricco cita nel suo libro, L'Olivetti dell'Ingegnere, editore il Mulino, e di cui dà conto il Corriere della Sera. Si tratta di lettere in cui Cuccia non si esimeva da giudizi anche molto duri sull'operato dell'Ingegnere. Riavvolgiamo il nastro fino al 28 novembre 1996, quando CdB inviò a Cuccia la relazione alla Camera sullo stato disastroso del suo gruppo. L'oggi editore di Repubblica, si respira dalle righe, cercava una sorta di assoluzione dal più importante banchiere d'Italia, da uno degli uomini più potenti e riservati della prima Repubblica. De Benedetti scrive che "molta disinformazione è stata pubblicata sulla stampa italiana ed estera, e molti attacchi immeritati sono stati fatti all'azienda".

Quella frase... - La risposta di Cuccia arriva pochi giorni dopo, il 5 dicembre. E ad assolvere l'Ingegnere dei fiaschi non ci pensa neppure. Mister Mediobanca, l'uomo che veniva identificato con la finanza italiana tout-court, non riconosce a De Benedetti alcun merito, e anzi boccia sonoramente il suo tentativo di ricostruzione, mettendo nel mirino il primo salvataggio della Olivetti, dopo la morte di Adriano. Nelle lettere entra si parla anche di Bruno Visentini, l'uomo che con il placet dello stesso Cuccia accompagnò CdB nella sua ascesa ad Ivrea, e secondo Cuccia è "l'amico Visentini" ad avere il merito di quello che l'editore di Repubblica ha sempre rivendicato, ossia la prima macchina elettronica al mondo. Ma l'attacco più duro non è questo. L'attacco più duro sta tutto sta in una frase. L'Olivetti sta per implodere, e così Cuccia, allora 89enne, chiede "se valeva la pena assumere taluni rischi in cui sono stati profusi, e bruciati, ingenti capitali. Ella - si rivolge a De Benedetti - è proprio sicuro che il coraggio è sempre un buon consigliere, specialmente quando si rischiano, oltre ai propri, i soldi degli altri?".

Frecciate - Una sonora bocciatura, scritta con lo stile paludato e tagliente che di Cuccia fu il marchio di fabbrica. La storia di Cuccia e De Benedetti, d'altronde, s'intrecciava da anni. CdB, infatti, fu aiutato da Mediobanca, per poi smarcarsi dall'istituto e, successivamente, vedersi costretto a tornare a bussare mestamente all'istituto per provare a salvare il salvabile. E in quella frase di Cuccia, in quella lettera, il banchiere sembra proprio voler rinfacciare all'editore di Repubblica i suoi errori. De Benedetti, a sua volta, replica ricordando a Cuccia che le banche italiane, Mediobanca in primis, non avevano creduto all'informatica italiana. Un'altra stoccata, insomma. Una serie di frecciate che si aprono e si chiudono con "viva cordialità", che viene espressa in calce ad entrambe le lettere.

Berlusconi, l'ultima sfida alle toghe: "Torno in piazza, anche se sto rischiando"

No Tax Day, Silvio Berlusconi: "Rischio, ma torno in campo"




"C'è ancora tutta Forza Italia, mancavo io, eccomi qua". Silvio Berlusconi torna a parlare in piazza e lo fa nel No Tax Day, la manifestazione degli azzurri in piazza San Fedele. Il Cav vuol far sentire la sua voce e riprendersi saldamente in mano il partito. "Ho deciso di rischiare, non posso più astenermi a dire come stanno le cose e a tornare in piazza per dire la nostra verità che è la verità vera", ha affermato il Cav.  I cittadini, ha spiegato il presidente di Forza Italia, "si sono chiesti ’cosa possiamo fare con il leader al servizi sociali e con gli avvocati che gli impongono di non parlare pena gli arresti domiciliari e il non poter più nemmeno fare telefonate? Quindi - ha ribadito Berlusconi - da oggi torno in campo".

Attacco al governo - Berlusconi ha poi parlato dell'attuale governo che, come ha raccontato in questi giorni il Mattinale, si appoggia su una maggioranza con 148 "abusivi" eletti con il Porcellum che la Consulta ha definito incostituzionale: "Oggi abbiamo un governo non eletto dal popolo, il terzo dopo quello di Monti e Letta, frutto di brogli elettorali, con un premio di maggioranza frutto di una legge elettorale che la Corte Costituzionale ha giudicato essere incostituzionale". 

"Ritorno in campo" - "Forza Italia c’è ancora - ha proseguito Berlusconi - e c’è ancora tutta", riferendosi alle ultime elezioni ha voluto sottolineare che la gente non è andata a votare Forza Italia, non perchè abbia votato "un’altra fazione ma non sono andati a votare perchè in campo non c’era un certo Silvio Berlusconi. Dobbiamo andare al contatto umano mettendo in campo tutti i nostri elettori. Noi abbiamo in programma inciso sulla pietra e per noi la prima cosa è rispettare gli impegni presi con i nostri elettori". 

Il piano per la casa - Berlusconi, quindi, ha ribadito l’intenzione di votare "le riforme, ma diciamo che per tutto il resto siamo decisamente e responsabilmente all’opposizione in parlamento", e in particolare "non condividiamo le politiche economiche di questo governo". A questo punto il Cav ha lanciato la sua ricetta per rilanciare il mercato immobiliare: "Visto la crisi dell’edilizia che c’è in Italia se dovessi tornare a governare  lascerò che per sei mesi la compravendita delle case avvenga senza pagare tasse allo Stato. C’è bisogno di uno choc, questo è uno choc". 

Il nodo Salvini - Infine il Cav ha parlato anche di Matteo Salvini: "Non ho mai candidato Salvini alla guida del centrodestra. Salvini con quelle sue belle magliette, con il suo linguaggio estremamente sintetico ha fatto goal sull’Emilia Romagna e gli ho fatto i complimenti. Da lì tutti a dire ’ecco Salvini è il candidato del centrodestrà, ma io non ho mai detto questo è opera solo dei giornali che fanno disinformazione". 

Dopo le tangenti, spunta la laurea falsa Ecco chi è il dem nel mirino delle toghe

Pd, nuova accusa per Marco Di Stefano: "Ha comprato una laurea per 12mila euro"




L'inchiesta sulle presunte tangenti intascate dal dem Marco Di Stefano, di cui Libero vi ha raccontato in queste settimane, si allarga. Ora il deputato Pd è anche accusato di aver comprato la sua laurea. Una laurea in Scienze Giuridiche pagata 12 mila euro e comprata con i soldi della Regione Lazio. Il reato ipotizzato dai magistrati della procura di Roma coordinati dal procuratore aggiunto Nello Rossi è la corruzione. Ultima contestazione in un’inchiesta che ipotizza il pagamento di una tangente da quasi due milioni di euro da parte degli imprenditori Antonio e Daniele Pulcini per un affare immobiliare. E riguarda anche l’omicidio di Alfredo Guagnelli, che di Di Stefano era amico e collaboratore.

L'inchiesta - Dalle carte dell’inchiesta depositate nei giorni scorsi emerge l’inquietante ipotesi che di Stefano possa aver ricattato i politici del Pd dopo aver svolto attività di dossieraggio nei loro confronti. Infuriato per il risultato ottenuto alle primarie per le elezioni politiche nel febbraio 2013 minacciava al telefono di "scatenare la guerra nucleare", accusava Zingaretti, parlava di "maiali che hanno imbrogliato le primarie". Tanto che i pubblici ministeri, sollecitando la proroga delle intercettazioni, parlavano di "particolare condizione di inquietudine ravvisabile nell’ animus di Di Stefano il quale, ormai relegato ai margini dell’imminente competizione elettorale, starebbe raccogliendo, nell’ottica di inficiare la carriera politica di alcuni colleghi di partito, materiale cartaceo per essi compromettente". Ora a queste accuse si aggiunge anche quella di aver comprato una laurea. Ora toccherà a Di Stefano difendersi davanti ai magistrati. 

Renzi, riforme con l'esercito di abusivi Boschi, Picierno e...: onorevoli col trucco

Renzi vuol fare le riforme con 148 abusivi

di Paolo Emilio Russo 


Per il centrodestra è una questione di «legalità» e l’alternativa nientemeno che «il collasso democratico». L’allarme lanciato da Renato Brunetta e dal “suo” Mattinale si riferisce al rischio che Matteo Renzi approvi modifiche costituzionali a maggioranza e lo faccia col voto decisivo dei 148 deputati «abusivi». Quest’ultima definizione non è made in Forza Italia, ma deriva dalla sentenza della Corte costituzionale del 4 dicembre 2013. Gli ermellini avevano dichiarato «incostituzionale» il premio di maggioranza che consentì a Pd, Sel e Centro democratico di eleggere quasi centocinquanta onorevoli in più nonostante il misero 0,37% di vantaggio. «Prevale la continuità delle istituzioni, certo, ma a che prezzo?», scrive il foglio del gruppo Fi. Gli azzurri mettono le mani avanti: qualora gli «abusivi» dovessero essere decisivi considererebbero il gesto «una negazione del giudicato della Consulta» e, di conseguenza, potrebbero fare ricorso. Che farà ora il premier? A vedere la lista degli «abusivi» viene il sospetto che della sentenza se ne infischi: ha voluto al suo fianco molti di loro. Sono «illegittimi» il ministro Maria Elena Boschi, i sottosegretari Ivan Scalfarotto e Sandro Gozi, il guru economico Yoram Gutgeld...

La gola profonda (e anonima) della Nasa confessa in radio: "Vi racconto cosa ho visto su Marte..."

Alieni, la rivelazione dell'ex Nasa: "Ho visto due uomini correre su Marte"




Una ex dipendente della Nasa ha rivelato, in un'intervista radiofonica, di aver visto due esseri viventi camminare su Marte. La donna, che non ha svelato la propria identità (si fa chiamare Jackie), ha spiegato che i fatti sarebbero avvenuti nel 1979, in occasione dello sbarco del Lander Viking su Marte. Jackie ha affermato che anche gli altri colleghi avrebbero visto la scena.

I filmati - La scena è stata immortalata, e i filmati sono stati inviati sulla Terra: dalle immagini si possono vedere le due figure mentre indossano tute spaziali particolari, più leggere e meno ingombranti, in modo tale da permettere una migliore mobilità. Ma poco dopo le immagini sparirono, e la sala video fu chiusa ermeticamente con del nastro adesivo. Jackie ora chiede di riaprire il caso, ma la Nasa non ha ancora risposto.

Deliri, complotti, gaffe e figuracce: ecco chi sono i cinque vice di Grillo

Movimento Cinque Stelle, ecco chi sono i nuovi leader pentastellati




Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia. Sono loro i prescelti del capo che daranno vita al direttorio del Movimento Cinque Stelle. Sono loro che affiancheranno Beppe Grillo, che si è definito "un po' stanchino", nella guida del popolo pentastellato. "Queste persone - ha spiegato il Grillo - si incontreranno regolarmente con me per esaminare la situazione generale, condividere le decisioni più urgenti e costruire, con l’aiuto di tutti, il futuro del MoVimento 5 Stelle". Un futuro tutto in salita e non solo perché questa decisione, che fa il paio con le epurazioni, ha di fatto spaccato il movimento. Andando a vedere i profili dei giovani incaricati, come ha fatto Mattia Feltri sulla Stampa, appare evidente che sono tutti personaggi sopra le righe.

Poligamo - Sibilia, ad esempio, è un avellinese di 28 anni che prima di entrare alla Camera si offrì al dibattito politico con una proposta di legge che, oltre ai matrimoni gay, consentisse di "sposarsi in più di due persone" e "anche tra specie diverse purché consenzienti". Sibilla è lo stesso che il giorno del 45° anniversario della sbarco sulla Luna ha sostenuto che l'uomo non andò mai sulla Luna e che lo scorso ottobre dopo la sparatoria nel Parlamento canadese disse: "Opera di un pazzo o di qualcuno che ha ritrovato la ragione?".

Il culto del capo - Poi c'è il quarantenne napoletano Roberto Fico che sta interpretando in maniera innovativa il suo ruolo di presidente della Commissione di vigilanza Rai: ha partecipato all'occupazione della Rai con Grillo, non ha proferito parola quando il suo capo ha detto di evadere il canone, ha fatto interrogazioni sul direttore di Rainews che aveva partecipato alla riunione di Bilderberg, ha proposto la chiusura di Porta a Porta e ha un culto del capo che fa quasi paura. Grillo per Fico è infatti "patrimonio mondiale dell'umanità come le Dolomiti e la Costiera Amalfitana".

La moderata - L'unica donna del direttorio pentastellato è Carla Ruocco. La quarantunenne napoletana, fa notare la Stampa, è madre e donna moderata: ogni tanto si alza in aula e dice che Renato Brunetta è il gran capo del malaffare. Appena entrata a Montecitorio disse che suo desiderio era di favorire un'adeguata "redistribuzione della ricchezza" sostenendo pure che "le Borse calano e lo spread cresce per colpa della legge elettorale".

Eleganza e aplomb - Infine Di Battista e Di Maio, i più osannati dei grillini. Dibba, trentaseienne romano, è uno che ha l' aria di quello cui non la si dà a bere. Mattia Feltri ricorda quando disse: «Diamo fastidio. Prevedo attacchi sempre più mirati, magari a qualcuno di noi un po' più in vista. Ti mandano qualche ragazza consenziente che poi ti denuncia per stupro, ti nascondono una dose di cocaina nella giacca...". Quando gli chiesero "chi?" Dibba rispose: "Pezzi di Stato deviati. Il sistema fa questo". Del resto lui ha girato il mondo, è stato in Guatemala, in Congo, nel Nepal, conosce i narcos e sa che le decapitazioni dell'Isis sono figlie di Guantanamo come Guantanamo fu figlia dell'11 settembre e così via, fino ad Annibale. È stato sorpreso in aula mentre guardava una partita in streaming ma la sua passione non si discute: celebre il tentativo (poi si trattenne) di entrare in una Commissione abbattendone la porta col busto marmoreo di Giovanni Giolitti. Infine c'è Di Maio, vicepresidente della Camera. L'elegante ventottenne avellinese spicca perché, quando si sbilancia, dice: "Adesso vediamo". E qui, puntualizza Feltri, siamo a livelli di saggezza quasi democristiana. Ultima notazione: quattro su cinque vengono dalla Campania.

L'ultima frontiera della multa Vigile-007: ti becca in incognito

Multe, arriva il vigile in borghese: occhio alla contravvenzione

di Niccolò Petrali 


Qualcuno l'ha brillantemente definita «una vita a testa in giù». E in effetti ormai non riusciamo più a staccarci dai nostri smartphone e dai social network che hanno invaso ogni aspetto della nostra vita. Facebook, Twitter e WhatsApp, per citare solo le piattaforme più comuni, ci fanno compagnia mentre siamo a tavola, mentre andiamo al lavoro e persino quando siamo in bagno. Questa pseudo dipendenza in alcuni contesti, come ad esempio in metropolitana, non comporta problemi legati alla sicurezza ma in altri, pensiamo a quando camminiamo per strada o siamo al volante, può rivelarsi addirittura fatale. E i numeri confermano che gli incidenti causati dall'uso del telefonino alla guida stanno aumentando vertiginosamente con la diffusione dei social network.. Ecco perchè a Firenze, le autorità cittadine hanno deciso di combattere il fenomeno della guida distratta non più con i metodi tradizionali ma con una vera e propria task force di agenti in borghese. 

Dalla prossima settimana, infatti, un'auto della polizia municipale girerà per le vie del capoluogo toscano con l'obiettivo di pizzicare tutti coloro che mentre guidano parlano al telefono, scrivono messaggi, si scattano selfie o fanno su e giù per la bacheca di Facebook. Il problema, però, è che non sarà la classica pattuglia con i lampeggianti, quella per intenderci che appena uno la vede abbassa il telefono e dice all'interlocutore di aspettare un attimo in linea, ma una macchina qualsiasi. O magari no: forse gli agenti in incognito saranno a bordo di uno scooter o di una moto pronti in qualsiasi momento a far accostare l'automobilista indisciplinato e a fargli una bella multa. Ben 160 euro più 5 punti decurtati dalla patente. E da Palazzo Vecchio fanno sapere che non ci sarà modo di sfuggire alla sanzione: le contravvenzioni verranno contestate sul posto dopo aver colto il guidatore in flagranza di reato e dunque non ci sarà alcuna possibilità che vengano annullate. 

Inutile dire che questa operazione oltre a costituire un deterrente per i comportamenti che violano il codice della strada con l'obiettivo di ridurre il numero di incidenti, rappresenta anche un business non di poco conto sia per la polizia municipale che per il comune. Basti pensare che a Firenze in sette giorni di controlli normali vengono verbalizzate in media circa 60 multe, mentre con la nuova modalità, in una settimana di prova che è stata fatta lo scorso aprile, ne sono state staccate la bellezza di 2300. 

Eppure, fanno sapere le autorità, qualcosa si deve pur fare per provare a contrastare un fenomeno sempre più preoccupante. A quanto pare non bastano le campagne di sensibilizzazione che girano sul web. Nonostante varie associazioni abbiano diffuso dei video molto commoventi in cui venivano raccontate le storie di alcune vittime di questo diffuso malcostume, in molti sembrano pensare che il problema non li riguarderà mai in prima persona e continuano imperterriti a usare il cellulare al volante. 

I dati, però, non lasciano spazio alle interpretazioni. Negli ultimi 25 anni il numero degli incidenti stradali si è dimezzato ma sull’attuale totale uno su dieci avviene a causa dell'uso del cellulare. E la sensazione è che siano addirittura di più dato che non sempre è possibile accertarlo. In America, dove il fenomeno è ancora più diffuso, circa un quarto degli incidenti mortali sono collegati all'uso del telefonino, secondi solo a quelli per eccesso di velocità. E là esiste addirittura una legge che vieta di impostare il navigatore mentre si sta guidando. Un esempio che dovremmo seguire. La lotta alla guida distratta, dunque, potrebbe partire da Firenze e arrivare presto anche in altre zone d'Italia. Già c’era stato un precedente nel varesotto. E allora, in attesa di poter fare tutte le operazioni vocalmente, sarà bene munirsi di auricolari, bluetooth e quant'altro. Almeno alla guida è meglio non essere multitasking.

Napolitano scrive a Boldrini e Grasso "Ecco quando non sarò più al Colle"

Le dimissioni di Napolitano: il 27 gennaio non sarà più al Colle




Adesso c'è pure la data. Quella in cui Giorgio Napolitano con ogni probabilità non sarà più il presidente della Repubblica italiana. E' il 27 gennaio 2015, tra poco meno di due mesi. La prova sta, come riporta il Foglio, nella lettera che il capo dello Stato ha inviato nelle scorse ore ai presidenti dei due rami del Parlamento Pietro Grasso e Laura Boldrini. In quella missiva, Napolitano avverte i due che non potrà partecipare a una iniziativa di commemorazione delle vittime dell'Olocausto calendarizzata per quel giorno a Montecitorio e cui l'inquilino del Colle era stato invitato mesi fa.

Sempre secondo quanto riportato dal quotidiano diretto da Giuliano Ferrara, a Palazzo Chigi proprio ieri, una volta ricevuta la notizia della lettera a Boldrini e Grasso, avrebbero cerchiato di rosso una data che dovrebbe essere quella giusta per cominciare l’elezione del nuovo presidente della Repubblica: il 20 gennaio. Sarebbe proprio Grasso, in quanto presidente del Senato, che nei giorni di vacatio si troverebbe a gestire la transizione in prima persona.

sabato 29 novembre 2014

IL NOME DI SILVIO PER IL COLLE L'offerta di Berlusconi a Renzi: "Ecco chi voglio al Quirinale" Ecco quando lascia Re Giorgio

Forza Italia, Silvio Berlusconi: "Dopo Napolitano vorrei Amato al Quirinale"




"Il nome di Giuliano Amato rientra nel profilo giusto per la carica di Capo dello Stato". Silvio Berlusconi in un'intervista al Corriere della Sera parla della corsa al Colle dopo le voci sulle probabili dimissioni di Giorgio Napolitano a fine dicembre o al più tardi a gennaio. Il Cav ha le idee chiare: "Sono contrario a figure di partito". Dunque dalla rosa dei papabili per il Cav escono subito Walter Veltroni e Piero Fassino. "Io spero che ci venga proposto qualcuno che possa essere votato anche da noi". Poi il leader di Forza Italia parla anche dell'ipotesi Prodi: "Se mi facessero quel nome risponderei che Prodi già mi vuole tanto male e quindi vorrei evitare di dire cose che potrebbero peggiorare di più i nostri rapporti".

Giuliano Amato - E così Berlusconi sceglie Giuliano Amato: "Questo nome invece rientra in quel profilo per la carica di Capo dello Stato". Un messaggio chiaro per Matteo Renzi che adesso dovrà rispondere alla proposta lanciata dal Cav. Già nel corso del loro ultimo incontro il leader di Forza Italia e il premier avevano parlato probabilmente delle nomination per il Colle, ora Renzi deve fare il suo nome. Di certo il Cav spero in una scelta condivisa e dalla partita del Colle passa anche quella per le riforme: "Renzi deve dare garanzie sul percorso. E ritengo che lo farà. Poi però servirà la responsabilità di tutti".

Ipotesi Draghi - Infine il Cav parla anche delle voci che indicherebbero anche Mario Draghi nella corsa al Colle: "Mi risulta che il presidente della Bce abbia fatto sapere di non essere disponibile. Al momento per Draghi la situazione è questa". 

Renzi, record storico: la disoccupazione I senza impiego volano al 13,3 per cento

Istat, nuovo record storico per la disoccupazione: vola al 13,3%




Pessime notizie dal fronte occupazione: l'Istat rileva che il tasso dei disoccupati, aggiornato ad ottobre, balza al 13,2%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,0 punti a fronte del livello di un anno prima. Si tratta del record storico, sia considerando l'inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004), sia quelle trimestrali (1977). Il tasso di disoccupazione giovanile invece (15-24 anni) è pari a ottobre al 43,3%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,9 punti nel confronto tendenziale. I disoccupati tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro sono 708 mila, pari all'11,9% di popolazione in questa fascia d’età, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,7 punti su base annua.

In aumento - I disoccupati aumentano, pari a 3,4 milioni, sono 90 mila unità in più (+2,7%) mentre rispetto a ottobre 2014 sono incrementati di 286 mila unità. Ai massimi storici il tasso di disoccupazione che ha toccato a ottobre il 13,2%, un livello mai registrato dall'inizio delle serie storiche (è in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,0 punti nei dodici mesi). Il tasso di occupazione, pari al 55,6%, diminuisce invece di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali mentre aumenta di 0,1 punti rispetto a dodici mesi prima. Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,2% rispetto al mese precedente (-32 mila) e del 2,5% rispetto a dodici mesi prima (-365 mila). Il tasso di inattività si attesta al 35,7%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,8 punti su base annua.

400mila posti fissi in più - Buone nuove invece pare arrivino dai primi dati sulle Comunicazioni Obbligatorie relative al terzo trimestre del 2014. Cresce l'occupazione, quella fissa, con il posto a tempo indeterminato. "Un andamento positivo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pari ad oltre 400 mila nuovi contratti, con un aumento tendenziale del 7,1% rispetto ad un anno prima", scrive dal ministero del Lavoro, Giuliano Poletti.

Napolitano, le dimissioni in fretta e furia: l'addio al Quirinale già tra pochi giorni

Giorgio Napolitano, il giorno delle dimissioni. E al Colle ci andrà un "supplente"




Per le dimissioni di Giorgio Napolitano è questione di pochi giorni. L'addio dovrebbe essere annunciato nel discorso di fine anno, e dunque formalizzato nelle due settimane successive. Ma secondo Il Fatto Quotidiano ci sarebbe anche un'altra data, più prossima: il 15 dicembre. Già, il passo indietro del Capo dello Stato potrebbe essere annunciato nel giorno del discorso alle forze armate, facendo così uno sgarbo non da poco a Matteo Renzi, che solo tre giorni dopo dovrà tenere il discorso di chiusura del semestre europeo targato Italia.

Proteste - Di sicuro, dopo l'incontro di martedì al Quirinale, il premier ha compreso che non ci sono margini: Napolitano si dimetterà, a brevissimo, una sorta di "protesta" contro i tempi delle riforme annunciate da Renzi e che ancora non sono state realizzate (tempi che si dilatano dal governo di Enrico Letta, per inciso). Inoltre, Napolitano, non ha la minima intenzione di sciogliere le Camere nel corso del suo mandato, e considerata l'aria che tira e la possibilità che le cose in Parlamento precipitino, ha deciso di farsi da parte per primo.

Supplenti - Ma dopo, che succederà? Dopo l'annuncio, le dimissioni di Re Giorgio verranno formalizzate entro 15 giorni. Dunque inizieranno le operazioni di voto (alla fine di gennaio nel caso in cui le dimissioni venissero annunciate a fine anno). Nel frattempo, al Colle ci sarà un "supplente", la seconda carica dello Stato, ossia Pietro Grasso. Una supplenza che considerato il probabile stallo elettorale potrebbe dilungarsi a lungo, tanto che già, sempre secondo Il Fatto, si starebbe pensando a come "aggirare" la Costituzione, che durante il periodo necessario all'elezione dell'inquilino del Colle non permette alle Camere di fare altro (e uno stallo, per Renzi, potrebbe essere fatale a livello di immagine).

Pd, l'inchiesta su Di Stefano si allarga Indagate altre tre persone: ecco le accuse

Caso Di Stefano: indagate altre tre persone




Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma su una presunta tangente di 1,8 milioni di euro destinata dai costruttori Daniele e Antonio Pulcini all’esponente del Pd Marco Di Stefano (di cui Libero vi ha raccontato in queste settimane) altre tre persone sono state iscritte nel registro degli 
indagati. Sono Giuseppe Tota, direttore generale e direttore degli affari legali della società Lazio Service partecipata dalla Regione Lazio, Tonino D’Annibale direttore amministrativo e Claudia Ariano direttore innovazione e sviluppo. Nei loro riguardi i pubblici ministeri Maria Cristina Palaia e Corrado Fasanelli ipotizzano i reati di truffa e abuso d’ufficio. Avrebbero certificato la congruità dei contratti sottoscritto con i Pulcini per affittare due immobili destinati a sede di Lazio Service. 

La tangente - La tangente che sarebbe stata destinata all’esponente del Pd deriverebbe proprio da questa operazione. I nuovi indagati saranno interrogati la prossima settimana. Prosegue intanto, parallelamente all’indagine sul versamento della tangente, anche quella sulla scomparsa di Alfredo Guanielli. Già stretto collaboratore di Di Stefano è scomparso cinque anni fa. Dall’indagine è emerso che ebbe una relazione con Claudia Ariano. L’uomo politico sarà convocato la prossima settimana a Palazzo di Giustizia perché deponga su entrambe le vicende. Per quanto riguarda la scomparsa di Guanielli la Procura procede per omicidio volontario.

I grillini dicono "sì" al direttorio di Beppe

M5s, il 91 per cento dei votanti dice "sì" al direttorio di Beppe Grillo




La base del Movimento Cinque Stelle dice "sì" alla proposta di Beppe Grillo di creare una sorta di direttorio di 5 componenti che sostanzialmente sarebbero i "vice" del leader. Una scelta quella di Beppe arrivata dopo le polemiche di due parlamentari accusati di intascarsi lo stipendio percepito a Montecitorio. Il 91 per cento dei votanti ha detto sì al piano di Beppe. "Grazie! Grazie a tutti! La votazione si è conclusa. Ha votato sì il 91%. Siamo pronti a costruire il futuro del M5S", ha affermato Grillo sul suo blog. Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia sono dunque i cinque parlamentari destinati a prendere in mano le redini dei grillini. Il leader è stanco, sempre più disinteressato delle scelte dei suoi parlamentari ed alza la voce solo per emettere diktat contro chi sgarra. 

Le polemiche - Complici i problemi di salute di Gianroberto Casaleggio, i due diarchi hanno deciso di passare la mano. Una decisione meditata da tempo. Esclusa la possibilità di far scegliere agli stessi parlamentari i nomi, il caos generato dalle espulsioni a freddo di Massimo Artini e Paola Pinna hanno accelerato un processo già messo in moto. Ma una parte dell'elettorato a 5 stelle protesta per la scelta dei 5 nomi che comporranno il direttorio. Un insospettabile come Daniele Pesco è arrivato alle conseguenze più estreme: "Se vincono i sì mi dimetto". Forse ora dovrà fare un passo indietro...

Artini e Pinna espulsi - A proposito di Massimo Artini e Paola Pinna: è definitiva la loro esclusione dal partito pentastellato, come scritto in un altro post sul blog del capo del M5S. "Gli iscritti del Movimento 5 Stelle hanno votato sì alla domanda: "Sei d’accordo che Pinna e Artini non possano rimanere nel Movimento 5 Stelle?' con il 69,8% dei voti. Si prende atto di questa decisione. D’ora in poi si richiede che Artini e Pinna non parlino più a nome del Movimento 5 Stelle o utilizzino il logo del Movimento 5 stelle per la loro azione politica. Sarà inoltre loro inibito l’accesso al Sistema Operativo del Movimento 5 Stelle on line". 

Occupare case non sarà reato: Così Renzi apre le porte agli abusivi

Occupare case non sarà più reato

di Michela Ravalico 


Matteo Renzi vuole depenalizzare il reato di occupazione abusiva. Anzi, l’ha già fatto: con la legge delega 67 del 28 aprile scorso. In un ritaglio nemmeno troppo nascosto della norma, approvata la scorsa primavera da Camera e Senato e già pubblicata in Gazzetta ufficiale, si scopre che tra i reati depenalizzati c’è il primo comma dell’articolo 633 del codice penale. «Si tratta della norma attraverso la quale una società come Aler, la partecipata di Regione Lombardia che gestisce un patrimonio immenso di case popolari, può effettuare gli sgomberi in caso di occupazioni abusive», denuncia il consigliere del Comune di Milano, Marco Osnato (Fratelli d’Italia), che all’Aler ci lavora da anni. 

Lo conferma anche il collega di Forza Italia, Armando Vagliati: «Il governo vuole depenalizzare l’occupazione abusiva. Contro chi occupa si potranno fare solo cause civili, della durata media di 10 o persino 15 anni». Sembra una barzelletta, soprattutto alla luce dei recenti fatti di cronaca di cui Milano è stata protagonista. Solo due giorni fa la polizia ha tentato di buttare fuori da un appartamento, occupato illegalmente, una famiglia di romeni, padre madre e tre figli di cui due minorenni. Tempo poche ore e per via delle proteste dei comitati a difesa del diritto alla casa e della tensione con la polizia, gli occupanti hanno ripreso possesso della casa. 

In futuro, chiunque prenderà possesso di una casa, di uno spazio pubblico come un giardino o privato come un negozio non potrà più essere sgomberato dalle forze dell’ordine. Ci si potrà limitare a denunciarlo al giudice in sede civile. Da lì scatterà la denuncia e per avere giustizia bisognerà attendere i tempi biblici dei tribunali civili nostrani. 

Si tratta di una svista o di un intento deliberato? Il segretario generale della Confederazione dei Giudici di Pace, Franco Pinardi, non ha dubbi: «La legge delega 67 è stata approvata sia dalla Camera sia dal Senato, non posso credere che non ne siano consapevoli - spiega il giudice - La proposta di depenalizzare l’invasione di terreni ed edifici, di fatto, nasconde una precisa volontà politica di legittimare questa invasione». La legge delega in questione, del resto, non si limita a depenalizzare soltanto il reato di occupazione abusiva, il fatidico 633. «Si eliminano le conseguenze penali anche per il 632, che sanziona la deviazione delle acque - ricorda Pinardi - per cui chiunque potrà deviare canali o torrenti, senza poter essere perseguito in sede penale. Oppure il 631, che è l’articolo sulla variazione dei confini di un terreno». 

Una possibilità di intervenire e modificare la norma ancora c’è. «Ci sono due anni per approvare i decreti attuativi», ricorda Pinardi. Per questo sia i consiglieri di Forza Italia del Comune di Milano sia Osnato, di Fdi, hanno chiesto il coinvolgimento dei parlamentari dei rispettivi partiti. «Bisogna evitare che vengano approvati i decreti attuativi», incalza Vagliati. «Ho già chiesto alla parlamentare Giorgia Meloni di fare un’interrogazione parlamentare su questo tema - spiega Osnato - Non vorrei che la depenalizzazione del articolo 633 portasse all’impossibilità per le forze dell’ordine di attivarsi in flagranza di reato».

Vaccini contro l'influenza: 11 morti sospette Quali sono i lotti ritirati

Vaccino anti-influenza: 11 morti sospette. Cresce l'allarme




L'Agenzia Italiana del Farmaco ha lanciato l'allarme in merito alla presunta tossicità di un paio di lotti del vaccino antinfluenzale 2014 "Flaud" della Novartis, ritirandolo dal mercato dopo la registrazione di cinque morti sospette seguite la somministrazione. Stamattina nuove vittime: un 80enne di Prato, deceduto giovedì dopo aver assunto il farmaco il giorno prima. Il medico di famiglia, registrato il decesso, ha controllato il lotto di appartenenza del vaccino somministrato, che è risultato coincidere con uno dei due per i quali è stato deciso il ritiro, il 143301 e il 142701. Il medico ha così dato l'allarme alle autorità sanitarie. 

Le vittime - La quinta vittima è stata denunciata in Puglia, a Lecce. L'azienda Usl di Parma ha segnalato al ministero dalla Salute un nuovo caso sospetto di morte. Un 80enne di Parma, affetto da una grave patologia cronica, è deceduto nell'arco delle 48 ore dopo la somministrazione del farmaco e per questo motivo è stata attivata la segnalazione all'Aifa. Altre due morti sospette dopo l'assunzione del vaccino antiinfluenzale si sono verificate anche a Roma. Si tratta di due anziani: una donna di 92 anni e un uomo di 77 anni. Entrambi di recente avevano fatto il vaccino antiinfluenzale Fluad.

Il vaccino - L'Asl di Como ha disposto verifiche sulla morte di un anziano, avvenuta la scorsa settimana, per accertare se sia correlata all'impiego del vaccino Fluad. L'uomo aveva una situazione clinica "di co-morbidità complessa". Il vaccino, insieme ad altre due tipologie (Vaxigrip e Intanza) è tra quelli forniti dalla Asl per la campagna di antinfluenzale.

Parla la Novartis - Con una nota stampa, l'azienda farmaceutica Novartis fa sapere che: "Sta collaborando con le autorità sanitarie per rispondere in merito ai quesiti sollevati. Flaud è un vaccino anti influenzale indicato per gli anziani. È stato approvato nel 1997 e il suo profilo di sicurezza è stato dimostrato da oltre 65 milioni di dosi distribuite con successo in tutto il mondo, che confermano i dati già raccolti durante gli studi clinici che hanno coinvolto oltre 70.000 pazienti".

venerdì 28 novembre 2014

Crolla la fiducia in Renzi. E Berlusconi sorpassa Grillo

Crolla la fiducia in Renzi. E Berlusconi sorpassa Grillo



di Sergio Rame



Gli italiani hanno sempre meno fiducia nel premier: perde altri due punti. Nuovo balzo in avanti della Lega che schizza al 9,4%. Ma solo il 39% degli elettori del centrodestra lo vorrebbe come leader. E l'83% degli italiani silura Grillo: "Siamo stufi anche del M5S". Gli italiani non si fidano più di Matteo Renzi. Secondo un sondaggio di Ixè trasmesso oggi da Agorà, in una sola settimana il gradimento del premier è sceso dal 43 al 41% perdendo così un altro paio di punti.

Lo scorso 10 ottobre veleggiava oltre il 50%. Percentuali ancora alte, per carità, ma che aprono una crisi tutta interna al governo e al Partito democratico che devono fare i conti con questo crollo nelle quotazioni del frontman fiorentino. Ma la vera novità del sondaggio è il crollo di Beppe Grillo e sorpasso di Silvio Berlusconi. Per la prima volta da mesi la fiducia nel comico genovese è, infatti, inferiore a quella in Silvio Berlusconi: il 15% contro il 16%.

Dopo l’ottimo risultato nelle elezioni regionali in Emilia Romagna, la Lega Nord continua a crescere nelle intenzioni di voto. Ora è data al 9,4%. Nell'ultima settimana è cresciuta di un altro 0,4%. Pressoché stabili il Pd (38%), i Cinque Stelle (19,6%) e Forza Italia (14,8%) mentre cresce sensibilmente la quota del "non voto" che, in sette giorni, è passata dal 35,9% al 38,2%. A fare da contraltare alla stima elettorale c’è il calo di due punti nella fiducia in Renzi e nel governo. L'Esecutivo gode, infatti, la fiducia del 39% contro il 41% registrato la scorsa settimana. Quanto alla classifica sulla fiducia nei leader, Renzi resta primo con il 43%, seguito da Giorgio Napolitano con il 39%, Matteo Salvini con il 24%, Berlusconi con il 16% (+1%), Grillo con il 15% (-1%), Alfano con il 13%.

Mentre continua a crescere il "partito del non voto", Ixè ha interrogato gli elettori dell’Emilia-Romagna sulle ragioni dell’astensione. Secondo il sondaggio è stata in larga parte causata da una sfiducia complessiva nella politica. Il 48% dei non votanti ha, infatti, spiegato in questo modo la scelta del non voto di domenica scorsa. Quanto all’approccio che Renzi dovrebbe tenere sulle riforme a fronte dell’astensionismo, il 49% degli elettori totali e il 48% di quelli del Pd chiede al premier più determinazione nelle riforme. Leggermente nferiore la quota di chi chiede più concertazione: il 41% degli elettori totali e il 45% dei democrat.

Da notare anche il risultato del sondaggio sull’eventuale leadership del centrodestra di Salvini e sulla frattura nel M5S. Il leader della Lega ottiene il sì del 39% degli elettori di centrodestra, del 42% di quelli di Fi e un sonoro 88% di quelli leghisti, mentre i "no" sono rispettivamente il 48, il 55 e il 9%. Quanto ai Cinque Stelle l’83% degli elettori totali e il 22% degli elettori pentastellati concorda con il sindaco di Parma Federico Pizzarotti che qualche giorno fa ha dichiarato: "Gli italiani sono stufi anche del Movimento 5 Stelle". Insomma, sembra che l'aria stia cambiando.

Tra Maroni e Alfano è rissa totale: scintille sul web, volano gli insulti

Roberto Maroni contro Angelino Alfano: "Noi di estrema destra? Cazzate"




Dopo il diktat di Matteo Salvini - "Se comando io, nel centrodestra non c'è spazio per Angelino Alfano" - volano gli stracci tra Lega Nord e Nuovo Centrodestra. Ad accendere la miccia è proprio Alfano, che su twitter scrive: "La Lega è un partito di estrema destra". A stretto giro di posta arriva la risposta del Carroccio, in questa occasione, però, firmata dal governatore della Lombardia, Roberto Maroni. Risposta tranchant: "Cazzate: la Lega è un partito di successo, con idee concrete e uomini liberi e capaci".

Bordate in radio - Un botta e risposta che sembra una pietra tombale sulle speranze di Silvio Berlusconi, ossia quelle di recuperare una coalizione "vecchio stile", che vada insomma da Via Bellerio e fino all'ex pupillo Alfano, passando ovviamente per Forza Italia. Un'alleanza del genere, oggi, pare impossibile. Per la precisione, le dichiarazioni di Alfano sono arrivate in diretta radiofonica su Radio 1, dove ha detto che il Carroccio è di "estrema destra", "non ne fanno mistero" e "noi siamo fortemente contrari alle loro idee". Queste frasi sono poi state riproposte sull'account twitter del segretario di Ncd, che in radio aveva aggiunto: "Al di là di un momento di protesta che può essere Grillo o Salvini, non è possibile immaginare un centrodestra a guida di estrema destra, non esiste in nessuna parte un centrodestra che abbia questi ideali".

E spunta Gaetano... - E ancora, Alfano, ha aggiunto: "Se Forza Italia vuole andare a trascinamento di Salvini, vuol dire che farà assorbire i voti del centrodestra e non vincerà più e chi vuole votare per il centrodestra allora voterà noi". Messaggi che sono piaciuti il giusto a Maroni, che come detto ha risposto su twitter. Successivamente, nella rissa è intervenuto Gaetano Quagliariello, compagno di Alfano in Ncd: "Sarete pure liberi, capaci e di successo, ma le vostre idee sono estremiste e da sconfitta assicurata. Tutto qui".

Di seguito, rispettivamente, il tweet di Angelino Alfano e quello di Roberto Maroni

Angelino Alfano        ✔ @angealfa

Non e' possibile che il #centrodestra segua partito di estrema destra come la #Lega. Su #Europa posizioni inconciliabili. @NCD_tweet #NCD
12:08 - 27 Nov 2014

La risposta di Maroni: 

Roberto Maroni @RobertoMaroni_

Alfano: "La Lega è un partito di estrema destra". Cazzate: la Lega è un partito di successo, con idee concrete e uomini liberi e capaci
13:31 - 27 Nov 2014

"Beppe vieni fuori". Grillo circondato nella sua villa Ecco chi lo assedia

Grillo ne fa fuori altri due: espulsi Massimo Artini e Paola Pinna




I deputati M5S Massimo Artini e Paola Pinna devono essere espulsi: è quanto deciso dal sondaggio sul blog di Grillo. Alla votazione online hanno partecipato 27.818 iscritti certificati. Ha votato Sì il 69,8%, pari a 19.436 voti. Ha votato No il 30,2%, pari a 8.382 voti. Il quesito era: "Sei
d’accordo che Pinna e Artini NON possano rimanere nel Movimento 5 Stelle?". I due parlamentari erano accusati di essersi intascati l'intero stipendio da onorevoli, accusa alla quale avevano replicato mostrando copie dei bonifici bancari. "E' stata una vera e propria esecuzione" è stato il commento a caldo di Paola Pinna.

Marcia contro Grillo - Una delegazione di parlamentari M5S guidati da Massimo Artini, uno dei due espulsi dal movimento, è in viaggio verso Marina di Bibbona per chiedere un confronto aperto a Beppe Grillo in merito all'eslcusione dal partito dei due membri. Non prende, invece, parte alla marcia Paola Pinna, l’altra parlamentare fatta fuori da Grillo, che commenta così la sua assenza alla mobilitazione: "A far che? Grillo è probabile che non ne sappia niente". "Ci dicono che un centinaio di attivisti stazionano già lì, davanti casa di Beppe", dice all’Adnkronos il deputato Marco Baldassarre.

Sul blog di Artini - Intanto sul suo blog, Massimo Artini pubblica i suoi rendiconto da gennaio 2014 fino a giugno, accompagnati da una nota: "Mi scuso per averli pubblicati solamente adesso, ma speravo che venissero pubblicati sul sito web utilizzato dal gruppo parlamentare quanto prima e venissero sanati alcuni dettagli sulla rendicontazione". E aggiunge anche due post scriptum: "PS. Per i sospettosi, ho rendicontato le spese telefoniche del 2013, tutte ed in blocco nel 2014, così come il gas a giugno 2014(800€) perché mi è arrivata la bolletta così. PPS. Per gli smemorati, ricordo che Aprile e Maggio erano mesi controversi di aula e viaggi per il supporto ai gruppi durante la loro campagna elettorale!".

Processo a Travaglio ad Announo Ecco la renziana che l'ha inchiodato

La bionda Elisa all'attacco di Travaglio: "Sei un affarista"




"Lei è un affarista, solo un affarista, altro che un giornalista indipendente". Solo la pubblicità è riuscita a interrompere una delle ragazze ospiti fisse di Giulia Innocenzi ad Announo, lo spin-off di Servizio pubblico in onda su La7. Oggetto degli strali di Lisa nientemeno che Marco Travaglio, seduto a non più di un paio di metri dalla focosa ventenne. Nella puntata dal titolo "Colpa di Renzi?", si stava parlando del ruolo dell'informazione nei confronti del potere e della politica. Travaglio aveva appena terminato uno dei suoi dotti interventi quando la parola è passata alle ospiti sedute sui seggiolini accanto. E lì è scattato l'agguato della rosso-bionda dal sorriso dolce ma dalla dentatura piuttosto aggressiva: "Lei è uno che cambia posizione spesso, cambia bersaglio a seconda di chi le dà più ritorno. Scrive per i soldi, è un affarista".

Il vicedirettore del Fatto, che continua a trovarsi in situazioni scomode come ospite delle trasmissioni santorine, ha provato a interromperla con la solita ironia ("Quindi secondo te il problema è che l'informazione in Italia è troppo severa con i politici?"), poi ha sfoderato uno dei suoi migliori sorrisi ironici, ma quella non s'è fatta intimorire, alzando ancor di più il tono di voce per arrivare a chiedergli: "Ci piacerebbe sapere come la pensa veramente, chi dica per chi vota!". Tra i due c'era già stato uno screzio nello scorso giugno, sempre sulle poltroncine di Announo, quando la stessa Elisa aveva sparato a Travaglio: "Lei critica tutto e tutti solo per avere fama e carriera. Se vince Grillo, lei dovrà cambiare lavoro". E ancora: "Perché bisogna giudicare un Paese dal numero dei detenuti? Deve valere la presunzione di innocenza".

Non bastasse, la parola è passata a Silvia, bionda forzista convinta, che gli ha dato dello jettatore: "Ogni volta che lui sostiene qualcuno, quello crolla alle elezioni. Guardate cos'ha fatto con i 5 Stelle. Li ha sostenuti ed ecco che fine hanno fatto....". L'impressione è che l'anno prossimo Travaglio da Santoro e dintorni (sempre che il teletribuno sia ancora in tv) non ce lo vedremo molto facilmente.

giovedì 27 novembre 2014

Brunetta dichiara guerra a Ferrara: "Sei un vecchio narciso e comunista. Ti meriti il premio pisciata-calda"

Renato Brunetta contro Giuliano Ferrara: "Comunista. Ti meriti il Nobel della pisciata calda"




Succede che Giuliano Ferrara, in un'intervista al Corriere della Sera, dispensi giudizi. Su Matteo Salvini, buono per attaccare (i manifesti). E su Silvio Berlusconi, che è un po' come un dittatore nordcoreano. Parole che non sono sfuggite all'orecchio attento di Renato Brunetta, che prende carta e penna (o, più prosaicamente, si mette alla tastiera del suo computer) e replica al direttore de Il Foglio, e lo fa con una missiva spedita a Dagospia. L'ex ministro esordisce così: "Giuliano Ferrara resta il genio che ha sempre dimostrato di essere. Gli piace esibirsi dovunque, e a richiesta, fa il fenomeno che invece della testa ha la lampada di Aladino. La sfreghi e appaiono meraviglie. In realtà appare il teatrino della sua immaginazione di Narciso".

Passato rosso - Dunque si arriva alla stringente attualità, all'intervista al Corsera, definita un'opera in cui "c'è la coppia da Mille una notte". Quale coppia? Quella formata da Ferrara stesso e dall'intervistatore, Fabrizio Roncone, che "funziona nei panni di Aladino che al telefono titilla la lampada". Il risultato, per il forzista, è "una raffigurazione così adulatoria di Berlusconi da risultare grottesca. E' identico secondo lui a Kim Il Sung, il nonno dell'attuale despota della Corea del Nord. Naturalmente Silvio Il Sung - precisa Brunetta - è così incommensurabile da poter avere come unico degno cantore e interprete dei suoi desideri Giuliano Ferrara". Dunque, la stoccata: "In realtà la descrizione che l'Elefantino fa di Berlusconi coincide con il suo antico sogno di comunista, il Grande Padre, che tutto dispensa, non sono più io che vivo ma è Stalin che vive con me".

Pisciate calde - Non può mancare, nell'intervento di Brunetta, la critica al premier: "Dopo di che - prosegue - Ferrara elegge Renzi a successore di Kim Il Sung. Non si accorge che, forse sciupato dai baci di Giuliano, Matteo è già decrepito, e si sono contagiati uno strano virus. Finiscono tutti i discorsi tirando in ballo Brunetta. Mai rispondendo nel merito a quel che egli dica o faccia". Poi il finale della lettera, davvero parecchio pungente: "Purtroppo il genio invecchia e si fa senile, caro Giuliano. Sergio Ricossa racconta un gustoso dialogo tra l'economista John Kennet Galbraith e il Presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson, per il quale Galbraith scriveva i discorsi sull'economia. Un giorno Lyndon Johnson, con un'oncia di volgarità da cow boy, si rivolse a Galbraith con queste parole: Non hai mai pensato, Ken, che fare un discorso di economia è come pisciarsi giù nelle gambe: chi lo fa si sente bello caldo, ma tutti gli altri no. A dire la verità, non ti facevo così vecchio, ma un Nobel della pisciata calda lo meriteresti senz'altro".

Medea, dalla Spagna il ciclone con furore Meteo, previsioni (da incubo) per l'Italia

Meteo, arriva il ciclone Medea: piogge, nubifragi e gelo




Domenica arriva il ciclone Medea, che si abbatterà su tutto il Mediterraneo. Annunciato dalle nubi e dalle piogge che già in questi giorni stanno colpendo l'Italia, il ciclone proveniente dalla Spagna, secondo ilmeteo.it, porterà piogge e forti venti inizialmente al nord (più consistenti nel Piemonte e Liguria) poi in tarda serata anche al centro e sud. Lunedì avremo maltempo su tutta la Penisola con possibili nubifragi su Lazio, Campania e Calabria. Il suo passaggio causerà soprattutto il calo delle temperature, previste al ribasso di almeno di 4°. Inizierà dunque un periodo sempre più freddo. Non ci resta che attrezzarci, perché pare stia arrivando il vero inverno.

I giocatori della Roma a luci rosse: dopo il pari col Cska, pizzicati tra le "miss" dello strip club. Gli scatti hot finiscono online. E Totti... / Foto

Roma, dopo il pareggio con il Cska Mosca giocatori e dirigenti pizzicati in uno strip club




Dopo il deludente pareggio di martedì sera contro il CSKA Mosca (1-1) in Champions League, alcuni giocatori e dirigenti della Roma, a sentire quel che dice il sito russo Super.ru, avrebbero passato alcune ore a rilassarsi in uno strip club della capitale. Non solo, a quanto pare i giallorossi, colti in "flagranza", avrebbero fatto cancellare ai paparazzi russi alcune presunte immagini compromettenti. Nonostante ciò, il tabloid online ha riportato alcuni scatti inequivocabili della notte scorsa in cui si notano chiaramente giocatori e dirigenti della Roma Calcio, tra cui Marco Borriello e Daniele De Rossi (che si schermisce, voleva "semplicemente fare una passeggiata per la piazza Rossa" e poi "i suoi compagni hanno deciso di andare qui"). I romanisti, insomma, si divertono tra le ballerine suadenti dell'Egoist Gold, il suddetto locale a luci rosse.

Niente Totti - Verso le due di notte - scrive sempre Super.ru - i giocatori sono usciti dalle loro camere nell'albergo Sheraton per prendere un taxi e fare una passeggiata nella celebre piazza Rossa, ai piedi del Cremlino. All'allegra comitiva non si è aggregato il capitano, Francesco Totti, infatti a sentire Super.ru "mentre i suoi colleghi non hanno perso l'occasione per ammirare i corpi sexy e le danze delle ragazze di Mosca" lui da bravo padre di famiglia pare sia rimasto a casa.

Per lui gli italiani sono ignoranti e razzisti. Il ritratto di Severgnini, l'uomo che ha fatto soldi e carriera sputando sul nostro Paese

Beppe Severgnini, il ritratto dell'uomo che campa sputtanando gli "italians"

di Francesco Borgonovo


Talvolta improntare il proprio pensiero all’irrilevanza più totale può portare dei vantaggi. Quindi può capitare che anche la lettura dei libri e degli articoli di Beppe Severgnini abbia dei lati positivi. Per esempio, quando vi trovate in ascensore con uno sconosciuto avete esaurito le banalità meteorologiche, potete estrarre dal cilindro una frase dell’ottimo Beppe. Una a caso, eh. Tanto non c’è pericolo che esprimano altro che luoghi comuni o plateali ovvietà. Se ne trovano parecchie pure su internet, in quei siti che collezionano citazioni casomai agli autori dei Baci Perugina mancassero idee. Perle di insignificanza, bigiotteria del pensiero. Tipo: «I professori cattivi, quasi sempre, sono cattivi professori». Oppure: «Occorre tempo per capire che gli uomini americani, prima di essere americani, sono umani».

Non sappiamo se queste sentenze immortali siano effettivamente imputabili a Severgnini, poiché appunto le abbiamo pescate dalla Rete. Ma non importa: potrebbero essere anche del pagliaccio Baraldi, tanto è uguale. Proprio qui sta la bravura del nostro editorialista dell’ovvio, l’opinionista senza opinioni. Egli riesce a produrre un vuoto in cui riecheggiano i pregiudizi di ben due continenti. Non è mica cosa da tutti esser capaci di confermare nelle loro convinzioni stereotipate sull’Italia gli americani, gli inglesi e persino gli italiani. Beh, Beppe lo fa. E grazie a questo talento sforna un bestseller via l’altro, è una firma di pregio del Corriere della Sera e scrive addirittura sul New York Times.

Di che scrive, solitamente? Degli italiani e dei loro difetti.La sua tesi di fondo - rimbalza in ogni articolo - è che siamo un popolo da operetta. Teatrali, cialtroni, casinisti, mezzi disonesti. Ma, alla fine dei conti, abbastanza simpatici. Un po’ come gli scimpanzè allo zoo: carini da vedere, meno da invitare a cena. Sentite cosa sentenziò lo zazzeruto cronista qualche anno fa, commentando i propositi di Mario Monti che voleva «cambiare gli italiani». Disse che «ci hanno danneggiato l’intelligenza (asfissiante), l’inaffidabilità, l’individualismo, l’ideologia e l’inciucio. Ci hanno aiutato la gentilezza, la generosità, la grinta, il gusto e il genio». In soldoni: abbiamo tanti difetti, ma anche delle qualità, che però non mettiamo a frutto. Per commentare usando una tipica espressione italiana, delizia da antropologi: grazie al cazzo. Avevamo proprio bisogno di un fine polemista con un mandolino al posto del cuore per venirci a spiegare l’italico carattere.

Ma allora perché spendere tanto livore per nulla? Perché dedicarsi a Severgnini piuttosto che, per dire, alla pesca d’altura o alla pastorizia? Il motivo è che, nell’universo dell’ottimo Beppe, tutti gli italiani sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Nello specifico, gli italiani di centrodestra. In essi i difetti italioti si fanno prassi. L’ossessione per la «bella figura» (a cui il nostro ha dedicato un libro e molti editoriali in patria e all’estero) che porta Francesco Schettino a provocare il disastro della Concordia, esplode in tutta la sua potenza nella persona di Silvio Berlusconi.

Il quale è una specie di archetipo del «virus italico» che alligna in ciascuno di noi. «Siamo tutti Silvio», ha scritto Severgnini sul New York Times tempo fa. E quella parte di Silvio in noi è ovviamente un male da estirpare. «Alcuni Paesi importanti hanno eletto leader teatrali», ha scritto il nostro. «Ma nessuno ha eletto (tre volte!) un personaggio come Silvio Berlusconi, vero detonatore di stereotipi». Ah, ecco spiegato perché ce l’ha con Silvio: a furia di far detonare stereotipi, gli ruba il mestiere. Che non si capisce bene quale sia, ma senz’altro è redditizio.

Il male dell’Italia, ben rappresentato dal Cav, si sta manifestando anche in questi giorni, non ad Arcore ma nelle periferie. Nel suo ultimo articolo sul New York Times, Severgnini ha inteso spiegare agli americani quanto sta accadendo a Tor Sapienza e dintorni, il motivo per cui la tensione fra italiani ed immigrati cresce fino ad ardere. Nell’articolo, come da contratto, non ha spiegato un bel niente: né i veri disagi che covano sotto la rabbia né il problema degli immigrati. Però è riuscito a dire che gli italiani sono al primo posto nell’«Indice dell’ignoranza» (statistica riferita a 14 nazioni) per quanto riguarda il tema immigrazione. Il motivo per cui i «nuovi arrivati» si scontrano con gli indigeni «per lo più della classe operaia» sta nel fatto che questi ultimi sono ignoranti. E quindi anche un poco razzisti, poiché non sanno che la percentuale di stranieri, qui da noi, è minore rispetto a quella di Germania, Spagna e Francia.

Giusto: se un clandestino ti occupa la casa devi dargli il benvenuto, perché a Berlino di immigrati ce ne sono di più (dato tutto da dimostrare, se proprio vogliamo fare i fiscali). Come se non bastasse, Beppe aggiunge che ci sono partiti senza scrupoli pronti a cavalcare l’ira degli ignoranti operai. Ad esempio la Lega che, fallito il progetto secessionista, è divenuta nazionalista e si ispira a «movimenti xenofobi» come il Front National francese e lo Ukip britannico (che sono due soggetti diversissimi, ma nella fiera dalle superficialità di Severgnini i contorni sfumano come la sua frangia). Matteo Salvini, poi, ha visitato un campo rom a Bologna «solo per farsi assaltare l’automobile dagli estremisti» (di che parte politica non è dato sapere).

Saranno contenti i lettori americani. Si faranno un sorriso, a colazione, pensando a questi buffi italiani. Ignoranti, sì, ma perché madre natura li ha voluti veraci. Razzisti, certo, ma per via del fuoco latino che arde nelle loro vene. Poi berranno qualche sorso caldo dalla loro coffee mug. Magari, se di orientamento liberal, spenderanno due sospiri rassegnati ripensando a Silvio Berlusconi e ai fascioleghisti. E di nuovo rideranno degli italiani. Meravigliandosi che abbiano così poca autostima da scegliersi come ufficio stampa un signore che per farsi adottare dagli inglesi scimmiotta Mister Bean. Senza averne la profondità di pensiero.

Capezzone lo attacca, Berlusconi lo gela: alla riunione di Forza Italia finisce male (per colpa della televisione...)

Silvio Berlusconi e Daniele Capezzone, scintille al comitato di presidenza di Forza Italia




Lo scontro, in Forza Italia, non è soltanto tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto. Già, perché nel corso dell'ultimo, convulso, comitato di presidenza azzurro a Palazzo Grazioli, secondo quanto hanno riferito le agenzie di stampa, si è consumato anche un altro aspro duello. I protagonisti? Da un lato sempre lui, il leader, il Cavaliere. Dall'altro, invece, Daniele Capezzone. La ragione del contendere? La televisione. Capezzone, presidente della commissione Bilancio della Camera, avrebbe attaccato Berlusconi: "In televisione ci vanno sempre gli stessi, dai poco spazio ai tuoi". Netta e tranchant la replica di Berlusconi: "Non ho nessun potere di influenzare i programmi delle mie reti televisive. Del resto non ho mai interferito e mai lo farò...".

Matteo vieta Alfano: "Se comando io, per Angelino non c'è posto"

Matteo Salvini: "Una squadra che vince non ha Angelino Alfano in campo"




Tra goleador e registi, qualcosa si muove nel centrodestra. La scossa sono state le Regionali di domenica che hanno segnato lo scatto di Matteo Salvini, al quale Silvio Berlusconi si è offerto, nei fatti, di tirare la futuribile volata elettorale. Un'offerta non da poco e in grado di cambiare radicalmente le carte in tavola tra chi si oppone (o si opporrà) a Matteo Renzi. Il leader leghista ascolta la proposta, e risponde. Ha spiegato in mattinata di volere le primarie al più presto poi, nel pomeriggio, ha analizzato altri punti, tra i quali un "punto" che ha nome e cognome: Angelino Alfano. Interpellato dall'agenzia di stampa Agi, Salvini si mostra più che categorico sul leader di Ncd, che il Cavaliere in qualche modo vorrebbe recuperare tra gli alleati: il leghista chiede infatti che la nuova coalizione di centrodestra sia fondata su "un progetto" e "non basata su compromessi". Appello ignorato, dunque: "Una squadra che vince - taglia corto Salvini - non ha Alfano in campo".

"Io goleador?" - E ancora, in un'intervista concessa ad Affaritaliani.it, Salvini aggiunge: "Nell'Ncd c'è tanta gente perbene con cui è possibile dialogare. Un conto è l'Ncd - rimarca - e un conto è Alfano. Con il ministro dei 150mila sbarchi non posso costruire alcuna alternativa al Pd". Dunque torna ancora sulla battuta di Berlusconi: "Io goleador? Tengo i piedi ben saldi per terra". E su Silvio regista? "Presto per dirlo - spiega il leader del Carroccio -. Lui ha fatto tanto, ma in questo momento i nomi non sono la priorità e chi fa cosa è l'ultimo dei problemi". C'è poi lo spazio per rispondere anche all'ipotesi di un Salvini vice-presidente del Milan, la sua squadra del cuore: "Sarebbe fantastico, ma l'Italia viene prima"

Capitolo Tosi - Il leader della Lega risponde poi anche a Flavio Tosi, che in un'intervista gli ha attribuito ogni merito per la vittoria di domenica. Salvini si dice "assolutamente d'accordo" col sindaco di Verona, l'unico altro serio pretendente alla leadership del Carroccio, e insiste sulla necessità delle primarie dalle quali far emergere il futuro leader della coalizione: "E' da tempo che dico che sia il progetto che la squadra dovranno essere scelti nelle piazze. Assolutamente d'accordo con Tosi su questo". Tosi, nell'intervista, afferma poi di essere stato "determinante" nell'elezione di Salvini alla segreteria. E Matteo risponde: "Bene, se siamo qua rispetto all'anno scorso vuol dire che tutti hanno fatto la loro parte: io ricordo che l'anno scorso i giornali stavano celebrando i funerali della Lega e adesso siamo diventati goleador, e quindi vuol dire che se la gente non litiga le cose vanno bene". Infine un avvertimento: "Chi perderà le prossime giornate a litigare o a polemizzare si accomoda fuori", conclude Salvini.

mercoledì 26 novembre 2014

Bindi, Bersani, D'Alema & C. Al Quirinale vogliamo un altro di noi

Quirinale, Renzi deve trovare l'intesa con Berlusconi e con la minoranza del Pd




Gli scontri nel Pd, il Nazareno che scricchiola, le tensioni nel centrodestra. Tutto è riconducibile ad una sola causa: il Quirinale. E' sul Colle, infatti, che si gioca la vera partita di Matteo Renzi. Che non solo dovrà vedersela con Silvio Berlusconi ma anche con l'anima più radicale del Pd, con la fronda formata dalla vecchia guardia comunista (Rosy Bindi, Pierluigi Bersani, Massimo D'Alema).

Il patto del Nazareno, scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, prevedeva per il Quirinale l'adozione del metodo "per esclusione": in sostanza, tolti i nomi "sgraditi", Renzi avrebbe presentato una rosa di candidati, papabili successori di Giorgio Napolitano e avrebbe quindi trovato l'intesa su alcuni nomi da portare in Parlamento. Ma le cose non stanno andando come il premier sperava. Il patto con il Cavaliere è praticamente rotto e nel Pd, dopo la perdita di consensi alle Regionali, la minoranza cerca il riscatto e si gioca tutto.

D'Alema e Bersani stanno preparando i "carri armati" ("Renzi non pensi di fare come per la nomina alla Farnesina quando dopo aver prospettato una rosa di donne all'ultimo momento arrivò da Napolitano con i nomi di Gentiloni e Tonini, sarebbe l'inferno"). E la Bindi è agguerritissima. Proprio in una intervista al Corriere dice: "E' iniziata la parabola discendente di Renzi. Ora si torni all'Ulivo o facciamo una forza politica nuova tutt'altro che minoritaria, di sinistra, competitiva". E il Quirinale, appunto, sarà una resa dei conti: "Auspico che la scelta venga fatta ricercfando l'unità del Paese. Ci sono molti modi per ridurre il ruolo del Colle come rinunciare alla ricerca della personalità più autorevole per considerarla strumentale alla politica del governo".     

Bionda, è giovane e si chiama Silvia: ecco la donna su chi punta il Cavaliere / Foto

Silvia Sardone, la mamma-consigliera che piace a Silvio Berlusconi




A Silvio Berlusconi piace davvero molto questa giovane mamma milanese consigliere di zona. Ieri, martedì 25 novembre, l'ha elogiata davanti a tutti nel corso dell'ufficio di presidenza di Forza Italia: "Ho incontrato dei giovani a cui ho fatto una lezione politica non per dare loro un seggio. Anzi, vi dirò, non mi sono granché piaciuti tranne una ragazza lombarda che ha due figli e va già in tv". Lei è Silvia Sardone, 32 anni a Natale. Lusingatissima. "Mi batte forte il cuore", dice al Giornale, "ma volo bassa. Sto con i piedi per terra".

Non vuole nemmeno pensare di poter diventare la "nuova Renzi": "Sono esagerazioni", spiega, "la rottamazione poi non mi entusiasma. Credo nel rinnovamento. In una squadra nuova attorno a Berlusconi". La sua vera partita, al momento, "è il Consiglio comunale". A Milano è già nota per i suoi blitz politici contro la sinistra. Ora potrebbe diventare coordinatrice cittadina.  

Giallo di Melania Rea, la svolta: "Parolisi potrebbe essere scagionato"

Caso Melania Rea: l'impronta di una scarpa potrebbe scagionare Parolisi




Potrebbe clamorosamente riaprirsi il caso di Melania Rea, la donna uccisa il 18 aprile 2011 a Civitella del Tronto (Teramo), per cui è stato condannato a 30 anni di carcere il marito, Salvatore Parolisi. Una nuova perizia della difesa, infatti, potrebbe scagionare l'uomo. 

L'impronta della scarpa - Nei pressi del chiosco presso il quale fu ritrovato il cadavere di Melania, fu isolata l'impronta di una scarpa insanguinata: la Corte d'Appello dell'Aquila ha sempre ritenuto di non dover dare troppa importanza alla traccia, dal momento che non sarebbe mai stato possibile risalire al modello di scarpa indossato da Parolisi quel giorno. Quell'impronta non sarebbe riconducibile a calzature indossate da Melania o dai vari soggetti che hanno transitato successivamente sulla scena del delitto. L'avvocato di Parolisi, però, annuncia: "Se dovessero essere confermati i risultati preliminari di una consulenza di parte, che prospetta trattarsi di impronta di piccole dimensioni, sicuramente non superiore al numero 40, anche Parolisi, che calza il 43, verrebbe con certezza escluso".